Arrivano dopo una fuga disperata, ma pensano già a quando le bombe cesseranno e potranno tornare a ricostruire quello che è stato distrutto. Gli ucraini che arrivano in Italia, in Toscana, vivono proiettandosi dopo la guerra e sperano nella fine. La macchina dell’accoglienza è in moto, rodata e preparata ad affrontare anche stress più gravi. Ad oggi si contano circa 6mila profughi in Toscana, meno di mille accolti nei centri di accoglienza straordinaria e negli alberghi, la stragrande maggioranza ha trovato sistemazione da amici e parenti. I numeri potrebbero crescere, si sa, la situazione è fluida ed è difficile fare previsioni. Si guarda all’oggi, con gli occhi puntati all’evoluzione del conflitto. Il prefetto di Firenze, Valerio Valenti, ogni mattina alle 9 fa il punto con Regione e enti locali per adeguarsi alle nuove necessità, alle normative che si aggiornano e aggiustare il tiro ora dopo ora.
Prefetto Valenti, la gestione dei profughi provenienti dell’Ucraina ha richiesto una mobilitazione importante. Quali sono i punti salienti, anche innovativi, di questa operazione di accoglienza?
E’ un modello collaudato. Da una parte il Governo che nomina i presidenti di Regione commissari straordinari e dall’altra i prefetti e i sindaci che reperiscono sul territorio i posti per l’accoglienza. In questo caso però è stato potenziato, dando agli stessi presidenti di Regione la possibilità di reperire strutture, come gli alberghi di prima sistemazione. La novità con cui fare i conti oggi è la variabile dei numeri rispetto ai quali non si riesce a fare nessuna previsione. Ad ora siamo a seimila, c’è la possibilità che aumentino così come c’è la possibilità che si riducano rapidamente ed questo è l’auspicio di tutti. L’altro elemento differenziale è che queste persone non vedono l’ora di tornare in Ucraina.
Uno sforzo in più è richiesto anche dall’emergenza sanitaria che ancora viviamo. Le istituzioni, dopo una pandemia, si preparano ad affrontare una nuova, epocale, sfida.
Le pubbliche amministrazioni stanno affrontando tante sfide, non solo una. Mai come in questo momento siamo tutti con un carico enorme di responsabilità sulle spalle: la pandemia da debellare, il Pnrr da realizzare e completare, una crisi economica che la guerra sta acuendo e a cui è necessario dare risposte sociali ed economiche. E poi l’accoglienza, con una massa indeterminata di persone, soprattutto donne e bambini, che pongono criticità al territorio.
Non dobbiamo trovare una famiglia a cui affidare i minori non accompagnati, ma dobbiamo trovare il modo di lasciarli accanto ai loro affetti più stretti
L’arrivo di minori non accompagnati pone un problema ulteriore.
E’ una criticità nella criticità. Per loro c’è un regime stabilito dalle leggi italiane che dobbiamo rendere compatibile con un flusso migratorio regolato da principi diversi. Questo è un caso in cui la normazione ordinaria deve adeguarsi alla situazione che si presenta, che è anomala perché di guerra. Non dobbiamo trovare una famiglia a cui affidarli, ma dobbiamo trovare il modo di lasciarli accanto ai loro affetti più stretti. Procura e tribunali dei minori ne sono ben coscienti. Faccio un esempio concreto: la normativa italiana prevede la nomina di un tutore, ma i minori vengono già in compagnia di persone nominate tali dal loro ordinamento. Per noi non hanno una qualifica specifica, ma bisogna trovare il modo di non allontanarli perché c’è una relazione affettiva. A tutto questo si aggiunge l’attesa dei minori di rientrare nel paese. È l’assoluta temporaneità di questa permanenza che rende la situazione diversa dalle altre, nei numeri e nell’imprevedibilità di questa emergenza.
Lei ha incontrato i profughi anche nei punti di prima accoglienza: cosa ha visto?
Sono grati ai toscani, ho percepito apprezzamento per la generosità, l’affetto, il calore. C’è una grande empatia. Però allo stesso tempo mi è perso di cogliere un atteggiamento di chiusura, la voglia di rimanere nel loro ambito familiare, parentale e linguistico proprio perché sperano di rientrare presto.
Con il passare dei giorni, delle settimane, è necessario passare ad un’integrazione economica e sociale. Come si procederà?
Essendo una popolazione fatta di donne e di tanti minori, l’integrazione passa attraverso la scuola e l’inserimento scolastico. E su questo ci sono già casi di bambini inseriti. È la risposta più forte che si può dare. L’altra metà dei profughi sono donne e anche da questo punto di vista c’è una grande risposta da parte delle aziende del territorio e del mondo del lavoro. Dobbiamo capire però come è possibile farle lavorare. Penso sia ancora prematuro, bisognerà individuare modalità di lavoro che siano in linea con la speranza di ritornare presto nel paese di origine.
Con la Regione ed gli enti locali ci riuniamo ogni giorno. C’è una buona armonia
Qual è lo status giuridico specifico per gli ucraini oggi?
La normativa europea dà la possibilità di concedere la protezione temporanea, un permesso di soggiorno della durata di un anno. In questo caso il termine per chiederla è differito di 90 giorni, così è sufficiente comunicare la presenza sul territorio per ottenere l’assistenza sanitaria. Proprio per affrontare una situazione in peggioramento, il Governo ha di recente varato nuove misure.
Quali?
Nel dl numero 21 del 21 marzo è previsto un contributo alle persone che trovano una sistemazione autonoma per un periodo di 90 giorni. Siamo quindi consapevoli che il sistema di accoglienza può entrare in sofferenza. C’è un bisogno che va ben oltre le nostre capacità e il Governo pensa quindi a incentivare l’autonomia delle persone che arrivano.
C’è il grande cuore degli italiani a fare la differenza, che anche gli altri hanno, certo, ma forse è un po’ più piccolo
La reazione dei cittadini è stata forte, solidale e molto coinvolgente. Fondamentale in questa fase è anche il terzo settore, come spesso accade. Quale sarà il loro ruolo nel prossimo futuro?
Il terzo settore, il mondo dell’associazionismo, le cooperative sono una struttura portante del nostro paese e in particolare della Toscana. Qui sono molto forti e strutturati e rispondono con grande velocità alle sollecitazioni che provengono dalle istituzioni, ma anche dagli stessi immigrati. Sono l’interfaccia di questa emergenza e stanno facendo tantissimo in termini umani, di supporto logistico, di aiuti che partono e vengono raccolti. Non se ne può prescindere, anzi devono essere valorizzati al massimo. Colgo l’occasione per ringraziarli di tutto quello che stanno facendo.
Come procederà la gestione dell’emergenza?
Lavoriamo per dare una risposta univoca, mettendo a sistema le competenze di ognuno. Con la Regione e gli enti locali ci riuniamo ogni giorno alle 9: c’è uno scambio di esperienze e se ci sono emergenze organizzative o normative ci si organizza. C’è una buona armonia. In questi casi il Paese è abituato a dare il meglio di sé. C’è il grande cuore degli italiani a fare la differenza, che anche gli altri hanno, certo, ma forse è un po’ più piccolo.