Charlie Dakilo, classe ’84, ha mosso i primi passi nella cultura hip hop agli inizi del nuovo millennio. Dopo anni passati fra jam e live in tutta la Toscana, nasce La Primiera crew che esordisce nel 2009 con “Unshittable” e che produce dopo due anni di attività il disco “Sangue e inchiostro”. Concluso il progetto della Primiera, Dakilo ha esordito nel 2015 con “Così è se vi pare”, un disco ispirato a Pirandello. Due anni dopo pubblica insieme al socio Nanne il secondo volume del mixtape “Fi Riders – Nanne vs Charlie Dakilo” che porterà il duo a suonare in giro per l’Italia, da Perugia a Milano, passando per Macerata, Livorno, Modena, Massa e ovviamente Firenze.
Adesso esce “Brutto Disco” un album figlio di questi tempi e delle esperienze personali del rapper fiorentino sospeso fra l’amore per il microfono e la sua attività di educatore sociale rivolta a ragazzi e detenuti nei carceri fiorentini. Un viaggio molto personale, triste e nostalgico, quasi fatalista. Forse ‘brutto’ anche perché è vero, senza filtri, diretto e in maniera grottesca anche sincero. Un disco che racconta le notti passate solo in studio in cerca di un percorso catartico.
Ecco la nostra intervista
Ciao Charlie! Partiamo dal titolo del tuo album, si potrebbe dire un disco “Brutto” per un anno altrettanto brutto…
Beh l’anno va veramente a pennello con il “Brutto Disco” effettivamente. Diciamo che dove tutti ricercano sempre la bellezza arrivare con un disco che si chiama “Brutto” non è così scontato. Il titolo è nato anche un po’ per rispecchiare i contenuti dei brani. Il mood è abbastanza nostalgico, riflessivo, un po’ anche se vuoi “preso male”, non è un album felice e di conseguenza è “brutto”.
Il genere di musica che fai forse anche più di altri si presta a esprimere tutto quello che si ha dentro in una maniera molto diretta e sincera
Il disco raccoglie gli ultimi due anni della mia vita, ho cercato di mettere nei pezzi tutte le sensazioni e gli stati d’animo che ho vissuto nell’ultimo periodo. Nasce proprio dall’esigenza di esprimermi ma anche di metabolizzare scrivendo questi pezzi queste sensazioni e questi pensieri, per “buttare fuori” tutto nella musica in modo da riuscire a mettere un punto alla situazione che stavo vivendo.
Si può dire che la musica per te è un modo per curarsi
Sì anche perchè sono una persona che scrive soprattutto quando sta male, per me è terapeutico, mi fa bene.
Nel disco ci sono tante collaborazioni, come sono nate?
Con Ninjaz e K!Dust ci conosciamo da lunga data, già suonavamo insieme ai tempi de La Primera quindi sono venute spontanee. Con XL Mad siamo amici da tanto tempo ma non c’era mai stata l’occasione di collaborare insieme e così ne ho voluto approfittare. Mi piaceva avere la sua contaminazione per questo disco, quello con lui è uno dei pezzi più azzeccati, mi soddisfa molto anche se certo non spetta a me dirlo. Per quanto riguarda Nick Fondo c’è una piccola storia dietro. Io lavoro come educatore all’interno dei carceri di Firenze, faccio laboratori di musica rap con i detenuti. Nick Fondo l’ho conosciuto durante uno di questi laboratori, siamo stati un anno insieme e ho subito individuato in lui delle doti particolari, un certo talento, nonché un feeling a livello personale e musicale. L’idea è nata durante alcuni permessi premio in cui siamo andati insieme in studio per lavorare ai suoi pezzi. L’idea di fare un pezzo insieme è venuta in maniera molto spontanea, mi piaceva dargli uno spazio all’interno del mio disco.
Si può dire che l’hai “scoperto” te?
Lui aveva già iniziato a masticare il rap, poi con i laboratori ha avuto l’opportunità di affinarsi, fare delle esperienze in più. L’abbiamo anche portato a suonare a un festival la scorsa estate il Copula Mundi. Lo abbiamo seguito in maniera più approfondita. Aveva perso di vista la musica, con noi è riuscito a riprenderla in mano, a migliorare e ad andare avanti.
Ti faccio davvero tanti complimenti per la tua attività di educatore in carcere, ma come si concilia questo con la tua vita di musicista, mi sembra che i due ambiti si influenzino molto, sono due universi che si contaminano, giusto?
Dici bene perchè all’interno di questi laboratori mi occupo della produzione, della registrazione e del mixaggio dei brani, nonché della parte di scrittura. Quindi sono mondi che si intrecciano. In qualche modo riesco a lavorare con la musica e cerco di trasmettere la mia esperienza ai ragazzi che seguo.
Sei riuscito a proseguire questa attività anche durante il lockdown?
Nel minorile fortunatamente stiamo continuando a fare attività, mentre nel carcere degli adulti ci hanno stoppato per motivi precauzionali quindi siamo fermi da ottobre. Però contiamo di riprendere a gennaio o comunque quanto prima. Anche perchè per i ragazzi non è scontato dirlo è davvero molto molto importante. Con la musica riescono ad esprimersi, a buttare fuori le loro storie, a sfogarsi un po’.