L’icona del rock italiano, l’attivista ambientale, l’anarchico, il cantante dei Litfiba, “El Diablo” non troverete tutto questo nell’autobiografia di Piero Pelù “Spacca l’infinito” pubblicata da Giunti. Quello che troverete è il racconto inedito della sua famiglia che è poi il racconto dell’Italia attraverso gli occhi prima di un bambino poi di un uomo. Dalle storie del nonno Mario nelle trincee della prima guerra mondiale da cui nacque poi “Guerra” una delle sue canzoni storiche dedicata all’antimilitarismo a quando nel 1983 Piero consegnò il libretto universitario alla madre dichiarando che lasciava l’Università per percorrere le strade del rock con una giovane band che si era formata da poco: i Litfiba.
Il libro ha raccontato Piero Pelù alla conferenza stampa è una delle sfaccettature del lockdown, è figlio della frustrazione di aver appena pubblicato il nuovo disco “Pugili fragili” subito dopo la partecipazione al Festival di Sanremo con “Gigante” e non poterlo suonare in giro a causa delle restrizioni dell’emergenza sanitaria.
“A marzo 2020 l’album stava decollando – ha raccontato Piero – ed è esploso in volo con il primo lockdown nel pieno della promozione. Mi trovavo in Puglia con mia moglie – ha proseguito – e per fortuna che ci eravamo sposati da poco o saremmo stati separati da centinaia di chilometri. Mi sono chiuso nel mio bunker la mia ‘tana dei pirati’ e sono ripartito dai ricordi. Nel libro c’è quello che non ci si aspetta, parlo molto in maniera romanzata delle radici della mia famiglia che sono le radici del secolo scorso. Ci sono dentro tantissimi eventi che fanno parte del nostro DNA, la storia delle guerre, del Fascismo, del dopo guerra, del nucleare, dei due blocchi. Tutto quello che fa parte del mondo di cui parlo anche nelle canzoni ma che non avevo mai raccontato in una forma così esplicita. Sono tutti racconti che anche all’interno della famiglia fanno fatica a venire a galla anche perchè sono storie di grande dolore”.
La “Dea” musica
“La musica è la colonna sonora della mia vita sin da quando ero bambino. Ho avuto la fortuna di avere un nonno musicofilo che mi faceva ascoltare Mussorgsky, Louis Armostrong, mio padre che portava i 45 giri di Iannacci a casa, le fiabe sonore…e poi i Beatles, i Black Sabbat, i Pink Floyd, il punk. Per fortuna il mio attaccamento per la musica è incondizionato e primario anche se all’inizio non ho potuto studiarla, ho studiato nei licei fiorentini.”
Il ricordo di Erriquez
“La perdita di Erriquez della Bandabardò ha un triplice significato: come artista è una gravissima perdita, ma lo è anche come intellettuale, e per me è anche una perdita umana perché io ed Erriquez siamo stati bambini insieme, abbiamo iniziato a fare sogni legati alla musica insieme. Quindi una perdita terribile per la musica e per tutti, per fortuna Erriquez e la Bandabardò ci hanno lasciato un grande patrimonio di canzoni meravigliose. Con la Bandabardò ho un rapporto di vera fratellanza – ha aggiunto Pelù – dai loro esordi, dal famoso concerto all’Arca di Follonica, poi sono venuti in tournée con me, ho partecipato ai loro dischi ai loro concerti. Oggi mi sento orfano e naturalmente faccio i più grandi auguri alla Bandabardò affinché riescano a trovare una nuova formula che permetta alla loro musica di essere sempre rappresentata e suonata dal vivo perché c’è bisogno di quella musica”.
La crisi del mondo della musica
“La situazione per lo spettacolo dal vivo è in una condizione disperata da ormai un anno. È giusto pensare a dei ristori per il mondo della musica, ma che siano veramente spalmati come si deve e che non siano solo per i grandi enti”. Ha detto Piero Pelù “Capisco i grandi teatri, i grandi enti lirici che devono essere sostenuti – ha aggiunto – ma c’è anche tutto un mondo che ruota attorno alla musica, a cominciare dalle maestranze, che versano in condizioni disperate. È fondamentale che chi ci governa si renda conto e agisca in maniera concreta e continuativa per sostenere tutte queste migliaia e migliaia di persone”. Sul futuro della musica dal vivo, ha concluso il frontman dei Litfiba, “ancora, purtroppo, si naviga a vista”.