Cultura/

Arte: una ricercatrice della Normale rivela la calligrafia di Giotto

Giulia Ammannati ha individuato la mano di Giotto nelle didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte nella Cappella degli Scrovegni di Padova

Una ricercatrice della Scuola Normale Superiore di Pisa ha individuato la calligrafia di Giotto. La paleografa Giulia Ammannati infatti nel suo recente studio “La A di Giotto”, pubblicato nell’ultimo numero della rivista scientifica “Immagine e Parola”, ha dimostrato che Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova si occupò anche della scrittura dei testi esplicativi delle immagini sacre.

La studiosa ha individuato la mano del grande maestro in alcune delle quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle due pareti laterali della Cappella degli Scrovegni.
La ricercatrice individua quattro mani che si dividono il lavoro, con quella che chiama “mano A” che ha eseguito i testi più importanti, ovvero quelli delle prime quattro virtù: Spes, Karitas, Fides e Iustitia.

Una mano che “spicca di gran lunga su tutte per armonia, abilità e padronanza esecutiva”, con un ruolo guida evidente e con interventi in situazioni di particolare impegno prospettico. In questa mano, la Ammannati vi legge “una facilità di disegno che assicura risultati di grande equilibrio ed eleganza” e che ha tratti molto riconoscibili anche in altre opere attribuite a Giotto: per esempio, nella Sala del Capitolo della Basilica del Santo, sempre a Padova, da lui affrescata prima dell’esperienza agli Scrovegni, e prima ancora a Rimini, nel titulus del Crocifisso oggi nel Tempio Malatestiano.

Le scritte di questa mano (‘mano A’) si ritrovano naturalmente anche ad Assisi, nella Cappella della Maddalena nella Basilica Inferiore, nella Cappella Peruzzi di Santa Croce a Firenze o nel Polittico Stefaneschi eseguito intorno al 1320 per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro in Vaticano. “Se da un lato – spiega la ricercatrice – è logico ipotizzare che la ‘mano A’ possa essere di un allievo o di uno stretto collaboratore di Giotto che lavora nella sua bottega per oltre vent’anni affiancandolo nei diversi cantieri, abbiamo sufficienti e sicuri elementi per immaginare che questa sia la mano dello stesso Giotto. L’elevata qualità formale ed estetica, il suo ricorrere nelle tappe cruciali della carriera giottesca per oltre due decenni, le modalità d’intervento che selezionano i corredi testuali di maggior pregio letterario o estensione, i punti di particolare rilievo o difficoltà tecnica sono tutti dati perfettamente compatibili con la mano di Giotto più che con quella di qualsivoglia collaboratore o allievo”.

 Un sostegno in più per questa ipotesi viene trovato da Giulia Ammannati nella tavola del Louvre, con le Stimmate, ‘firmata’ da Giotto. E conclude: “Dobbiamo abituarci a pensare che, per Giotto, dipingere scrittura non fosse necessariamente operazione minore, di contorno, da delegare a collaboratori specializzati, ma occasione di diretto interesse anche dal punto di vista intellettuale”.

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