Quella terrazza naturale che si affaccia sul mare, dove comprare ma anche mangiare il pesce appena pescato, già da sola rallegra l’animo ed è un’idea capace di creare qualche posto di lavoro. Anche in inverno, quando sull’isola non ci sono turisti e rimangono solo i gigliesi.
E poi ci sono i tre ettari di terreni abbandonati dove già crescono frutteti ed olivi, il frantoio sociale (l’unico dell’isola), il recupero di altri spazi comuni anche per offrire servizi agli anziani, con una mensa sociale ad esempio.
Sono i progetti della cooperativa di comunità “Laudato sii” dell’isola del Giglio, dove si danno da fare giovani e meno giovani, nata nel 2017 dall’idea di un parroco e una delle venticinque cooperative di comunità (in ventitré diversi comuni) che a dicembre del 2018 la Regione Toscana ha deciso di finanziare con un milione e duecentomila euro.
Cooperative speciali, dove una buona parte degli abitanti di un paese (se non tutti) ne hanno parte come soci attivi. C’è chi pensa all’agricoltura, alla pesca o alla promozione di altre eccellenze enogastronomiche. Per tutti l’obiettivo è comunque lo stesso: offrire servizi, mantenere i beni comuni, creare qualche posto di lavoro, mettere insieme attività economiche che da sole non avrebbero la forza per andare avanti (con internet veloce e il web che aiutano a rompere l’isolamento), esempio di economia collaborativa, ed evitare così che i residenti (soprattutto i giovani) fuggano via.
Anche al Giglio è così. «Anche questa cooperativa – spiega l’assessore alla presidenza della Toscana, Vittorio Bugli, che è stato al Giglio per la presentazione del progetto – può un motore per consentire di avere nuova occupazione, crescita, sviluppo e produrre ulteriore richiamo per un’isola che già è una perla e vive d’estate di turismo. Lo fa – aggiunge – con tanto entusiasmo e nella migliore tradizione toscana. Perché se le cooperative di comunità si stanno ultimamente moltiplicando, il punto di partenza è sempre lo stesso. Cambia lo strumento ma gli ingredienti sono gli stessi già visti in passato: un movimento dal basso, il confronto tra le persone, l’obiettivo di migliorare una certe condizione, un bene comune come punto di riferimento. Questo produce nell’immediato positività. Ma in futuro queste comunità possono diventare anche catalizzatore di altre idee, possono produrre nuovi progetti, possono attrarre ulteriori finanziamenti pubblici e privati».
Pensi al Giglio e vedi il mare: cristallino, invitante. Ma sull’isola, tre borghi davanti all’Argentario, c’è anche altro: è un monte che si alza per cinquecento metri sul mare e non è solo spiagge e calette. E non va dimenticato.
Metà vergine e selvaggia, il Giglio è ricco di sentieri. Sui declivi da cui lo sguardo si allunga in basso verso il blu del Tirreno si coltivano appunto viti ed olivi: un’agricoltura eroica, fatta di fatica e terrazzamenti con muri a secco di granito. È l’anima e l’antica tradizione dell’isola. E l’obiettivo della cooperativa di comunità “Laudato sii”, che ha trovato casa nell’edificio che ospitava la vecchia scuola materna, non è infatti solo la pesca – con l’acquisto di una piccola barca, perché dei pescherecci che incrociano davanti l’isola, pur strano a dirsi, nessuno è gigliese – ma anche il recupero dell’attività nei campi. Con un modello di economia collaborativa, per l’appunto.