Il nome è un omaggio alla tradizione tutta pratese di rigenerare i tessuti: Rifò è l’espressione usata in Toscana per il verbo “rifare”. Nel distretto tessile l’arte di rigenerare i vecchi indumenti per produrre nuovi filati è ben nota da oltre un secolo ai “Cenciaioli”. Niccolò Cipriani, da buon pratese, ha scelto proprio questa espressione in vernacolo per la sua azienda che, nata come start up è entrata a far parte del programma di accelerazione Hubble promosso da Fondazione CR Firenze, Nana Bianca e Fondazione per la ricerca e l’innovazione (FRI). Mentorship, formazione e networking hanno messo letteralmente le ali a Rifò.
L’idea di recuperare la tradizione dei cenciaioli pratesi e di riproporla con un approccio contemporaneo e sostenibile, è venuta a Niccolò mentre si trovava in Vietnam. La sua famiglia ha sempre lavorato nel tessile e lui, dopo la laurea in Economia internazionale alla Bocconi e varie esperienze all’estero: Francia, Shanghai e India è approdato ad Hanoi con il programma Fellowship delle Nazioni Unite. Una volta giunto nel paese asiatico ha cominciato a lavorare per l’Agenzia Italiana della Cooperazione allo Sviluppo e si è avvicinato a tematiche legate all’imprenditoria sociale, al microcredito e alla formazione professionale.
“Rifò è nata nel dicembre 2017 dopo un periodo di consulenza – ricorda Niccolò – In Vietnam ho potuto vedere da vicino il problema della sovrapproduzione e degli sprechi nel settore dell’abbigliamento. Così ho deciso di tornare in Italia, dove ho pensato di recuperare la tradizione delle rigenerazione delle fibre tessili, che da secoli si pratica nella mia città natale, Prato. Proprio partendo dalle esperienze maturate in Asia ho scelto di creare un brand di abbigliamento etico secondo i criteri di qualità, sostenibilità e responsabilità“. Tornato dal Vietnam Niccolò studia la fattibilità del progetto e lancia un crowdfunding sulla t-shirt 100% rigenerata che raccoglie circa 11500 euro in un mese. A maggio 2018 la svolta: Rifò entra nel programma accelerazione per start up Hubble di Nana Bianca a Firenze, con il sostegno di Fondazione Ricerca e Sviluppo e Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. “Quel periodo è stato utile per impostare il business” ammette Niccolò. Da lì in un certo senso è partito tutto: la start up ha cominciato a produrre maglioni, sciarpe, cappelli e guanti in cachemire rigenerato, poi è passata alle t-shirt in cotone rigenerato e ai capi in denim. Rifò è stata la prima azienda al mondo a vendere maglieria realizzata con un filato derivato al 100% da tessuto denim rigenerato. Tappa fondamentale nel cammino della start up toscana è poi il lancio della primavera del 2020 della Giacca Avanguardista, il primo vestito in tessuto denim di Rifò.
“Il lockdown invece di essere un limite o un problema da affrontare ha da una parte accelerato la crescita dell’online e dall’altra ha visto maturare tra gli utenti una maggiore consapevolezza di quanto sia importante una moda etica sostenibile e circolare” continua Cipriani. Così Rifò ha lanciato il progetto Re-Think your jeans: un progetto di economia circolare collaborativa dato che ogni capo è prodotto a meno di 30 km da Prato. L’azienda innovativa ha trovato un partner in NaturaSì che ha messo a disposizione la sua rete vendita di oltre 110 negozi per recuperare i vecchi jeans e destinarli al processo di rigenerazione e in Pinori Filati per la realizzazione del filato rigenerato da vecchi indumenti di cachemere e cotone. La Cooperativa Recooper è invece impegnata nella selezione dei capi in denim e della stracciatura. “All’inizio del prossimo anno contiamo di mettere in vendita la prima produzione da filiera tracciabile e trasparente dei vecchi indumenti raccolti nei box allestiti nei supermercati di NaturaSì” conclude il giovane imprenditore. Fondamentale, per il successo dell’iniziativa anche questa volta, la collaborazione avviata con gli artigiani del distretto pratese a chiudere un cerchio che dai Cenciaioli arriva fino a Rifò.