Un fiore non è mai solo un fiore: dietro alla sua delicatezza, al colore, ai profumi, spesso si celano significati profondi, legati all’amore, agli affetti, ai momenti importanti della nostra vita. Come nelle storie di fantasia, dallo storico film Pane e Tulipani di Silvio Soldini, fino al più recente libro Donne che regalano i fiori, le piante hanno un valore, oltre che estetico, anche terapeutico, associato alla socialità, ai rapporti profondi tra le persone, alla riscoperta di se stessi. Per alcuni fortunati, le piante sono anche al centro del proprio lavoro, come accade a Francesco Mati, di Mati1909, storico vivaio di Pistoia che organizza anche quest’anno OrchIDEA, la mostra-mercato internazionale dedicata a questo amatissimo e particolare fiore.
L’orchidea è da sempre un oggetto quasi da venerare, come dimostrano i tanti collezionisti intorno al mondo. Eppure, è una pianta difficile, che a volte ti fa aspettare anni per rifiorire, implicando fiducia, attesa, dedizione. Per Francesco Mati ad ammaliare sono la sua delicatezza solo apparente e il suo aspetto, perché l’orchidea è un fiore talmente bello da sembrare irreale, con forme che sono una via di mezzo tra un’opera d’arte e un’immagine erotica. “La sensualità della sua immagine tocca corde che non immaginiamo neppure di avere” – ci dice Francesco – “lasciandoci quasi in uno stato di trance”. Una sindrome di Stendhal applicata ai fiori, insomma, esseri viventi che hanno la capacità di parlare a parti ancestrali del nostro cervello grazie a quell’aura di mistero e di alchimia che, sempre per Mati, avvolge le orchidee.
“Vorrei che questa bellezza, però, fosse ambasciatrice del valore ambientale di tutte le piante”, aggiunge, “un valore che voglio dimostrare anche attraverso i progetti del Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale della Provincia di Pistoia, di cui sono presidente”. A preoccupare Mati sono le statistiche che dicono che tra qualche anno l’80% della popolazione mondiale vivrà nelle città, un modo sicuro per andare incontro alla morte, visto che si tratta di un habitat in cui il nostro organismo non può sopravvivere a lungo, perché manca una biomassa potente che filtri i prodotti nocivi della città. Per questo motivo, per Mati, le piante rappresenterebbero una delle soluzioni ai problemi ambientali: basterebbe semplicemente più verde e di miglior qualità. “Quello che è paradossale”, ci confessa, “è che le persone oggi odiano le piante e queste sono proprio quelle che credono di proteggerle. Siamo diventati talmente animali urbani da pensare che le piante possano sporcare e disturbare, senza percepirne il vero valore”.
Anche il ritorno alla terra e alla campagna a cui si assiste, che potrebbe dare speranza, per Mati è fasullo. “Si tratta di un fenomeno che qualcuno ha saputo cavalcare bene, molto pilotato, ma che è fine a se stesso. Vivere di agricoltura oggi è estremamente difficile. Rurale oggi forse non è più sinonimo di povero, ma la parola contadino rimane ancora un’offesa”.
Forse proprio per questo il gruppo Mati1909 crede molto negli orti-giardino, dimostrazione che le piante ci salvano anche con la loro bellezza. Negli orti-giardino, infatti, non si coltiva solo nutrimento per il corpo ma anche per l’anima. Che chi abitava in campagna viveva più a lungo non è una novità, ma ora molti studi dimostrano che prendersi cura di essere viventi vegetali – ortaggi o fiori – ha effetti terapeutici inimmaginabili. Ci sono giardini che riescono a essere curativi per certe patologie e soprattutto per certe dipendenze. “È il fatto di prendersi cura di qualcosa di vivo, che cresce e che poi a un certo punto ci offre un miracolo naturale, una fioritura, un frutto”, commenta Mati.
Sarà per la dedizione che richiede la cura delle piante, che agisce come una sessione di meditazione, sarà per la forza dei colori, per lo stupore di vedere concretamente la forza della natura, ma quel che è certo è che il Bello, come dimostrano i Mati, si può coltivare, per poi imparare, dalla bellezza, l’amore per il verde.