Quando la raggiungo al telefono per l’intervista Francesca Pachetti mi racconta che mi risponderà con gli auricolari perchè è ancora nel campo a raccogliere le verdure, un lavoro che non può in nessun caso interrompere. La vita di chi fa il contadino è così bisogna adattarsi al ritmo delle stagioni e curare le verdure ogni giorno senza mai potersi prendere una pausa.
Francesca dopo tanti anni passati a lavorare come educatrice dell’infanzia ha deciso di lasciare questa professione per vivere insieme al suo bambino a contatto con la natura. Una vita certo “diversa” da quella delle sue coetaneee. La sua è stata una scelta non facile ma Francesca è una creatura speciale, unica, una poetessa che trascrive le “parole della terra”.
Sulla pagina Facebook “La Raccontadina” che ha aperto alcuni anni fa racconta la sua vita fatta di mani ferite dal lavoro, di dolori alla schiena per le ore passate china sul campo, ma anche dell‘incredibile bellezza che vede ogni giorno. La sua non è una vita patinata da “Instagram” ma le riflessioni che scrive nel suo diario digitale hanno un suono pulito, cristallino, come acqua che sgorga da una sorgente. Hanno un suono diverso le parole di chi lavora tante ore al giorno nel silenzio, sono parole quasi mistiche, che hanno un suono chiarissimo anche in un momento di caos come quello che stiamo vivendo adesso, durante la pandemia.
La sua storia raccontata giorno dopo giorno sulla sua pagina Facebook si è poi trasformata in un libro nato quasi per caso “La raccontadina. Racconti a passo di vanga”.
Ecco la nostra intervista
Ciao Francesca! Quando hai deciso di iniziare a fare la contadina?
Ho deciso quando 13 anni fa rimasi incinta di mio figlio. In quel momento lavoravo in un asilo nido, quindi si aprì una contraddizione molto forte dentro di me. Mi dissi: io cresco i figli degli altri e il mio dovrà crescere con qualcun altro. Qui c’è stata la prima crepa in me e il desiderio di crescere mio figlio in un ambiente naturale a contatto con la terra. Ho iniziato a cercare il primo campo per fare orti didattici per i bambini e l’ho trovato proprio davanti a casa. Il primo step è stato quello. Se non chè poco dopo mio marito si ammalò di tumore cerebrale. Io sono vedova da otto anni. Questo evento mi ha portata sempre di più a stare a casa ad occuparmi di mio marito ma dovevo anche avere un’entrata. Questo mi ha portato ad incrementare la produzione per la vendita. Affittavo anche piccoli orti a famiglie che poi seguivo. Sono andata avanti così per otto-nove anni. Da due anni ho smesso di fare i laboratori per i bambini perchè la burocrazia rende le cose davvero difficili. Adesso coltivo un ettaro e mezzo di terra a ortaggio.
Leggo la tua pagina Facebook la “Raccontadina” da un po’ di tempo e penso si possa dire che tu sei una scrittrice, una poetessa. C’è una grandissima vena poetica in te che ha trovato la sua collocazione su facebook e poi anche nel tuo libro
A un certo punto attraversando varie fasi che non sono state facili ed essendo stata molto tempo in silenzio, perchè nei campi si sta in silenzio mi sono accordata ad altre vibrazioni, ad un altro linguaggio, il linguaggio della terra. Io sono entrata nella terra con il mio silenzio e lei mi ha restituito le sue parole che sono parole nuove. Io non sono una scrittrice io trascrivo le cose della terra. Se mi dicessero scrivi un articolo, non sarei capace, non ho una tecnica.
Tante delle cose che hai scritto mi hanno colpita nel profondo…per esempio quando dici che noi abbiamo paura della terra
Abbiamo paura di riconoscere quanto siamo fuori strada, quanto ci siamo allontanati da noi stessi. La terra è il principio. Passare del tempo in ambienti completamenti naturali, non per moda, passare attraverso un modo di vivere natura che segue le stagioni ti porta a vedere l’allontanamento da noi stessi e il disagio che abbiamo, Se ti allontani da un ciclo naturale che è quello della vita stessa, ti allontani da te stesso.
Addirittura a un certo punto dici che ci ripariamo dalla pioggia perchè renderebbe evidente l’inutilità di resistere al pianto
Tutte le nostre stagioni interne sono esattamente come quelle esterne. C’è la primavera poi la stagione estiva, l’inverno. Andiamo sempre in cerca di risposte, ci sentiamo malati perchè non riconosciamo il fatto che possiamo anche stare male. Possiamo passare l’inverno, piangere, poi ridere poi tornare a piangere e tornare a ridere. Vogliamo stare dentro degli schemi emotivi innaturali quindi poi ci sentiamo fuori posto, sbagliati. Non è così.
In un post hai parlato della bellezza della donna, è una riflessione molto femminista che riconosce il valore della donna che è perfetta così com’è senza doversi adattare a dei canoni estetici
Più che femminista io riconosco la persona in sè e per sè, uomo o donna che sia. A me spesso tante persone fanno richieste tipo, fai vedere l’altra parte di te quella più “femminile”, ma io non ho bisogno di mostrarla. La mia parte femminile c’è ed è molto forte, ma la femminilità non è una scarpa o un rossetto. Può passare anche di lì ma questi canoni estetici a cui siamo sempre sottoposti, per compiacere, ci stringiamo negli abiti per essere maggiormente amate. Ma se una persona non ti ama non è perchè non hai il rossetto o non sei amabile, perchè semplicemente ci si ama e non ci si ama. Ci sono incontri elettivi e incontri no. Altrimenti le donne più belle del mondo sarebbero le più amate, non è così. L’amore va su altri canali, non certo quello estetico.
Un’altra delle tue riflessioni che mi ha colpito molto è quando parli dell’importanza del “seminare”
Tutto è nelle nostre mani. Il gesto della semina, il gesto del fare e della volontà. Spesso troviamo tante giustificazioni al non agire, mio marito, la mia infanzia, i miei genitori…sono solo freni che ti poni. Sei te che devi mettere qual seme, non lo può fare nessun altro al tuo posto. Quella cosa che vuoi te non si può compiere da sola, ha bisogno di te per compiersi. Ci sono momenti in cui le nostre vite sono arenate perchè non abbiamo la forza, capita e va bene così. Ma se non sono in grado di fare una cosa non può farla nessun altro al posto mio.
Tu parli spesso dei sogni che però secondo te non devono essere delle fughe dalla realtà
Spesso sogniamo sempre cose molto lontane. L’80% sono fughe dal momento che stiamo passando, dalla noia. Se si realizzasse davvero tutto quello che stiamo sognando ci renderemmo conto che tantissime cose non saremmo in grado di sostenerle. Per esempio dire: voglio l’amore della mia vita, io vorrei vedere (parlo per me) se arrivasse l’uomo della mia vita se sarei in grado di gestirlo. Penso di no perchè sto ancora crescendo. Spesso i sogni son necessari come fuga mentale, servono per evadere dalle nostre routine. Ci sembrano sempre più belle e più realizzabili le cose che sono lontane da noi, proprio perchè sono così lontane. Hanno il fascino dell’impossibile. I nostri sogni sono sempre rivolti verso punti molto lontani, la lontananza ci protegge dal realizzarli veramente.
Come va ora nel campo? Ho letto che avevi avuto un po’ di problemi quest’anno col tempo
Sta diventando sempre più difficile lavorare in campo aperto perchè purtroppo da tre anni il cambiamento climatico sta incidendo tantissimo. Io ho iniziato a raccogliere il 23 settembre e sono quattro mesi che raccolgo sotto l’acqua. Non posso lavorare la terra perchè è bagnata. Il cambiamento climatico sta incidendo sull’agricoltura in campo aperto, tante cose non si potranno più fare, tanti ortaggi andranno scomparendo. Sta diventando veramente difficile perchè la piccola agricoltura non è sostenuta o considerata da nessun piano. Per rimettere in piedi ogni stagione devi investire economicamente moltissimo. Se ci vai pari è tanto.
Francesca sei felice?
Partendo dal presupposto che la felicità non è mai costante, io sono nella mia strada e sono serena, contenta. Non ho voglia di scappare o desiderare chissà quale altra cosa, sono felice così e sto bene con tutte le difficoltà del caso. Io ho trovato il mio posto, mi sento al posto giusto e questo mi rende serena.