“La pandemia, portando le nostre vite fino ai risvolti più critici, ha frantumato molte delle nostre presunte certezze e ci ha ricondotti alla nostra condizione di uomini in ricerca. È decisivo comprendere i giorni che viviamo non come tempo di privazione ma di purificazione. Una condizione che permette al nostro sguardo di poter essere ricondotto a ciò che è essenziale, al valore alto della vita anzitutto, e poi alla scelta indispensabile della condivisione”.
Lo ha detto il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nell’omelia proclamata il 6 gennaio in Cattedrale per la Solennità dell’Epifania del Signore. “Riconoscere il valore che la vita racchiude in sé – ha proseguito Betori -indirizza a riscoprire il volto del Creatore, allontanando da noi le chimere dell’uomo artefice di sé stesso o, peggio ancora, apprendista stregone, tentato di mutare la propria natura, secondo i miti del transumanesimo e del postumanesimo, pericolose aspirazioni per un’umanità incapace perfino di governare i suoi rapporti con la natura, al punto da dover subire gli sconfinamenti dei virus”.
“Ma – ha aggiunto – c’è anche da riscoprire il volto del Dio che è amore, mettendo fine ai disegni di potere che oppongono gli uni agli altri popoli, ceti sociali, le stesse relazioni familiari. L’antagonismo come strumento di soluzione delle differenze e dei conflitti ha mostrato tutti i suoi limiti nel momento in cui in questi giorni abbiamo potuto sperimentare che solo l’intesa senza barriere e la cura rivolta fino agli ultimi sono le strade per non restare tutti sterminati, per non dover accettare un minaccia che continuerà a incombere su di noi partendo da chi abbiamo escluso dalla condivisione”.
“Orizzonte di dialogo e di incontro con le culture del nostro tempo è proposto come il traguardo a cui dirigere il nostro impegno nell’attuale fase del Cammino. Occorre prendere maggiore consapevolezza che non solo nei paesi lontani, ma anche tra noi è il tempo di una rinnovata missione, verso coloro che non hanno mai conosciuto Cristo”. Ha proseguito “Un cammino in cui egli ci ha invitati ad assumere i sentimenti stessi di Gesù – umiltà, disinteresse e beatitudine – per guardare al mondo con occhi che permettano di discernere nella verità e nell’amore il bene di tutti, con particolare attenzione a coloro che sono alle periferie dell’umanità. Un cammino di discernimento che ci orienti nel rendere una testimonianza credibile del Vangelo, tale da entrare in dialogo con ogni esperienza umana”.
Dialogo da fare anche con l’esperienza di coloro che “non hanno mai conosciuto Cristo – ha spiegato l’arcivescovo di Firenze – perché giunti tra noi da nazioni e culture lontane, perché figli di una società che ha cancellato i segni della fede dalla sua cultura e non ne ha trasmesso la conoscenza nella catena delle generazioni, perché reduci da vicende di vita che ne hanno offuscato i riferimenti ultimi inducendo a ripiegarsi su se stessi, senza speranza”. Dunque “occorre suscitare interrogativi che aprano le menti e i cuori alla proclamazione dell’annuncio – ha anche detto Betori -. Occorre rendere più trasparenti ed efficaci i modi con cui la novità del Vangelo viene testimoniata nel mondo nelle forme del servizio della carità ma anche in quello della cultura. Il Vangelo va mostrato come vita in pienezza. Lo splendore della gloria di Dio, di cui parla Isaia e di cui rendono testimonianza i Magi, è capace infatti di gettare una luce nuova oltre l’impossibile delle tenebre umane, rivelando l’identità vera dell’umano. La missione cristiana non è conflitto con l’uomo e le sue aspirazioni, ma svelamento all’uomo delle sue attese più autentiche e del dono, il Cristo Gesù”.
Nel giorno dell’Epifania il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha visitato la mensa dei poveri di via Baracca gestita dalla Caritas e l’ospedale pediatrico Meyer. Alla mensa Betori ha incontrato i volontari e gli operatori della Fondazione Solidarietà Caritas onlus ringraziando i presenti, fra cui c’erano Riccardo Bonechi, direttore della Caritas diocesana, e Vincenzo Lucchetti, presidente della Fondazione Solidarietà Caritas Onlus,per l’impegno profuso in questi mesi di pandemia.
“La vita spesso ci pone davanti a difficoltà e sofferenze – ha detto Betori durante l’incontro -, ma sono proprio questi i momenti che ci permettono di crescere nell’attenzione verso l’altro, verso chi è nel bisogno. Anche nella richiesta di un semplice pasto dobbiamo imparare a guardare oltre perché rappresenta solo l’apice di un cammino di fragilità di una persona. Per questo è importante la relazione, conoscere la vita di chi abbiamo di fronte, ponendoci in ascolto”.
Le mense della Caritas di via Baracca, San Francesco e Santi Fiorentini si sono riorganizzate e sono state in grado di dare risposta alle crescenti richieste di aiuto. Di fronte alle necessarie chiusure delle sale, sono stati consegnati kit pasto monodose, per un numero complessivo di circa 1.200 al giorno tra utenti delle mense e ospiti delle strutture della Fondazione. All’ospedale Meyer le rigide regole imposte dalla pandemia hanno imposto una visita un po’ diversa dal solito. Il cardinale Betori è stato accolto dal direttore generale del Meyer, Alberto Zanobini, dal presidente della Fondazione Meyer Gianpaolo Donzelli, dal Direttore delle professioni sanitarie Patrizia Mondini.
Particolarmente toccante l’incontro con Tommaso Casini, pediatra in servizio nell’Oncoematologia del Meyer e con la mamma di una piccola paziente che sta affrontando un lungo percorso terapeutico in questo reparto. Durante la visita, l’arcivescovo Betori ha parlato della necessità di rispettare le regole e di quanto questa pandemia imponga a tutti una riflessione. “Questa emergenza – ha spiegato – ci ha insegnato che la cultura dell’individualismo è fragile ed è solo grazie alla responsabilità personale e sociale che possiamo uscire da questa situazione difficile”.
Il cardinale ha infine insistito sul valore della speranza: “In tutte le situazioni critiche – ha concluso – dobbiamo trovare una strada che ci proietti verso il futuro, in un mondo diverso da prima”.