Il vino rosso che macchia la tovaglia. Succede. Spesso. Meno spesso succede che quella macchia diventi ispirazione. “In quel momento ho capito ciò che desideravo: dipingere col vino. Sì, ed è quello che ho iniziato a fare”. Dal 2011 Elisabetta Rogai ha iniziato una nuova strada. Già affermata come artista ecco l’invenzione dell’Enoarte, quella che fino a quel momento era ferma all’uso dei vinorelli, acquarelli di vino che però impongono una inevitabile trasparenza e volatilità.
Una pennellata, e il vino diventa arte
“Ci ho dovuto lavorare molto, iniziando a disidratare il vino per trovare la giusta densità. Ho trovato le sfumature e l’intensità, naturalmente diverse tra loro a seconda degli uvaggi. Ho iniziato a dipingere mescolando colori e vino, poi ho tolto di mezzo i primi e ho notato che il risultato era davvero sorprendente. Per l’effetto, certo, ma anche per il profumo che resta, quell’idea che mentre dipingi diventa esperienza vera e propria”. Non a caso molte aziende hanno chiesto a Elisabetta di fare delle vere e proprie performance durante le degustazioni. Un modo per allargare ancora di più i confini di un prodotto della terra che attrae sempre di più l’interesse di un turismo in cerca di luoghi speciali tra arte, cultura gastronomica ed enologica.
L’Enoarte di Elisabetta Rogai in Sala D’Arme
La mostra “L’Enoarte di Elisabetta Rogai”, andata in scena alla Sala D’Arme di Palazzo Vecchio nei giorni di Le donne del vino, ha avuto un ottimo successo. Curiosità, molta. Giovani, tantissimi. “Se mi chiedi quale sia stato il momento più emozionante della mia carriera di pittrice io rispondo che ogni volta che vedo qualcuno davanti a una mia opera io mi emoziono. Perché dipingo da quando avevo nove anni. La prima mostra l’ho fatta a 17 anni ma poi ho aspettato che mia figlia si laureasse per trovare il coraggio di prendere i miei quadri ed esporli al pubblico. A conti fatti è stata una scelta giusta. Dopo Firenze sono stata invitata a Mosca. Ma il mondo le mie opere lo hanno già iniziato a visitare. Cina, Hong Kong, insomma la mia idea è piaciuta e io sono decisamente soddisfatta”.
Dai cavalli al drappellone del Palio di Siena
Elisabetta vive al Bargino. Nella sua pittura figurativa molti ritratti di donne, compresi i suoi autoritratti, ma anche cavalli. “Sono i miei. E ne sono orgogliosa. Ci sono modelle e in alcuni quadri c’è mia figlia o ci sono io”. E soprattutto c’è quell’idea di vita che continua, di un quadro in qualche modo dinamico, che segue il corso del tempo proprio come le bottiglie che invecchiano in cantina. E poi ci sono gli uvaggi, che offrono prospettive diverse. Ogni vino ha una sua personalità. In una degustazione ti irrompe più o meno con forza tra lingua e palato, in un quadro codifica l’intensità della figura. Elisabetta sorride: “Quando nel 2015 mi hanno chiesto di dipingere il drappellone del Palio di Siena avevo quasi paura. E’ qualcosa di unico e rappresentativo. Ma non ho avuto dubbi: per raffigurare la Madonna ho scelto il mio vino preferito, il Brunello. Maestoso, potente, generoso”. Che poi nella vita Elisabetta Rogai ama il vino ma conosce l’arte del poco ma buono. “Non bevo tanto, ma amo cercare l’abbinamento giusto coi piatti. Noi toscani abbiamo cibo e vino, e la loro qualità è amata nel mondo. La scelta di andare oltre per me era doverosa. Sarà che quando dipingo mi lascio inebriare dal profumo…”. E andare oltre è la missione di una artista coraggiosa. “Ci sono quadri creati con l’aceto balsamico, altri con il rosè. Cambia il colore ma non quella voglia di sperimentare che mi ha spinto fino a qui”. Lavoro duro, tentativi, idee da sciogliere su tela. Benedetta quella macchia di vino sulla tovaglia. Una piccola goccia per una grande idea.