Una persona colpita da ictus o con lesioni al midollo spinale che riesce a muovere le braccia, o addirittura cucinare, grazie ad arti robotici che si muovono guidati da un’intelligenza artificiale in grado di sfruttare e amplificare la mobilità residua. Una rivoluzione nell’interazione tra uomo e robot, in cui la macchina non è un supporto ma una vera e propria estensione del corpo. Il progetto che accende nuove speranze sulla cura di disabilità è dell’Università di Siena, si chiama “Haria” e ha vinto il bando europeo Horizon 2021 per un finanziamento da 4,6 milioni di euro.
“L’arto ancora anatomicamente presente, ma non più funzionale, grazie a queste tecnologie robotiche recuperererà la funzionalità. Saranno artificiali, ma percepiti come parti del proprio corpo”, spiega il professor Domenico Prattichizzo responsabile scientifico del progetto e docente del dipartimento di Ingegneria dell’informazione e scienze matematiche. Da Siena nasce così un nuovo campo di ricerca: l’augmentation sensomotoria, arti robotici controllati da sistemi di intelligenza artificiale e collegati all’uomo tramite interfacce indossabili, simili a delle bende. L’ateneo senese coordinerà un consorzio interdisciplinare composto da ben sette enti di ricerca, tra cui l’Istituto Italiano di tecnologia di Genova, la Fondazione Santa Lucia di Roma e l’azienda tedesca Ottobock.
Come funziona la nuova tecnologia
I ricercatori da qui ai prossimi quattro anni lavoreranno alla realizzazione di “tecnologie aumentative che consentiranno di vedere i robot non più come collaboratori: le persone sentiranno infatti di avere il controllo del proprio corpo”, spiega Prattichizzo. La fase di sperimentazione è prevista a Toledo, in strutture spacializzate.
Il progetto è rivolto a persone con ridotta motricità degli arti superiori. La tecnologia sfrutta la mobilità residua delle persone colpite da ictus o da lesioni al midollo osseo e si propone di studiare metodi che consentiranno agli utenti di percepire e controllare direttamente gli arti aggiuntivi sfruttando la ridondanza del sistema sensomotorio umano.
Grazie a interfacce sensomotorie indossabili, simili a delle bende, si riuscirà a stabilire connessioni intelligenti tra il sistema umano e un sistema di braccia artificiali. “Le persone con disabilità acquisiscono abilità, una maggiore partecipazione alla vita – spiega il professor Pratticchizzo – La tecnologia ha una intelligenza per coordinare i movimenti e soprattutto è diversa da persona a persona. Sviluppiamo infatti un’intelligenza artificiale personale e adattabile”.
Gli sviluppi della tecnologia e della metodologia si distinguono per un approccio di progettazione che si concentra sul paziente e sui loro bisogni di mobilità applicati alla vita quotidiana.
Il percorso di Haria è partito con una due giorni proprio a Siena, il 18 e il 19 ottobre, in cui i ricercatori coinvolti hanno fatto il punto della situazione. Ciascun partner ha definito il proprio ruolo nello sviluppo del progetto e visitato il laboratorio di ricerca congiunto Wear Lab.