Riaffiora dal mare di Capraia un tesoro di vetro: un carico prezioso di 2000 anni fa scoperto nelle acque dell’Arcipelago Toscano a 350 metri di profondità. Sono riemerse dalle profondità marine bottiglie, piatti, coppette, coppe, perfino un unguentario.
Il recupero di questi reperti archeologici è stato reso possibile da una missione italo-francese che agli inizi di luglio ha dato il via alla prima campagna per lo studio del relitto sommerso Capo Corso 2. I resti dell’imbarcazione, risalente tra la fine del I e l’inizio del II secolo dopo Cristo, si trovano nel tratto di mare fra Capo Corso, vicino alla Corsica e in territorio francese, e l’Isola di Capraia.
Una missione condotta da Italia e Francia
A scoprire il relitto Capo Corso 2 nel 2012 fu l’ingegnere Guido Gay in un tratto di mare conteso tra Italia e Francia. Dopo alterne attribuzioni Italia e Francia hanno deciso di collaborare assieme alla missione archeologica.
Tutto al femminile il team: la parte italiana coordinata dalla Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo (Ministero della Cultura) diretta dalla Soprintendente Barbara Davidde. Per la Francia il Département des Recherches Archéologiques subaquatiques et sous-marine-Drassm (Ministero della Cultura) sotto la direzione dell’archeologa Franca Cibecchini, responsabile della Corsica. Alla missione di studio del relitto ha collaborato anche l’Inrap, con l’archeologa specialista del vetro antico Souen Fontaine (Responsable du Pôle Subaquatique-Inrap).
Un robot sottomarino in azione
Per le ricerche e il recupero dei pezzi si è fatto ricorso a un robot sottomarino. Così è stato possibile recuperare il vetro, trasportato sia allo stato grezzo in diverse tonnellate di blocchi di varie dimensioni, sia lavorato, sotto forma di migliaia di manufatti di vasellame da tavola di vetro soffiato.
E’ stata messa a disposizione per le ricerche in alto fondale la nave di ricerca ammiraglia, l’Alfred Merlin, attrezzata con i suoi due veicoli a controllo remoto (Rov) Arthur e Hilarion. Arthur, un nuovo prototipo progettato e creato con e per il Drassm dal Professore Vincent Creuze (Università di Montpellier-LIRM), è tra i più piccoli e leggeri in circolazione e può raggiungere fino ai 2500 metri.
Le riprese video del relitto
Il veicolo a controllo remoto Arthur è in grado di realizzare riprese video ad alta definizione e di ventilare o aspirare il sedimento e recuperare degli oggetti. Con l’artiglio montato su Arthur, una volta ripuliti, sono stati recuperati e riportati in superficie i reperti.
Il Rov Hilarion, pilotato dall’archeologo Denis Degez (Drassm) realizza video in alta definizione fino ad una profondità di 500 metri. Questo ha permesso non solo il recupero del carico ma di documentare le varie operazioni. Inoltre è stato realizzato un nuovo rilievo fotogrammetrico del relitto per verificare eventuali danni causati dal passaggio di reti a strascico o di altri interventi invasivi dell’uomo.
I reperti in vetro a Taranto
Tutti i preziosi reperti in vetro e anche due bacili di bronzo e alcune anfore presenti sulla nave romana sono destinati al laboratorio della Soprintendenza Nazionale a Taranto per le analisi scientifiche, per la caratterizzazione del degrado biologico e per il restauro.
Lo studio del relitto e della rotta
Accurati studi saranno compiuti per risalire alle cause del naufragio e ricostruire la rotta della nave prima di affondare. Sarà utile per comprendere e conoscere meglio la storia dei rapporti commerciali del tempo: è la seconda volta che nel Mediterraneo si recupera un carico di una nave romana composto quasi esclusivamente di vetro. Una vera rarità.
Dalle prime analisi del carico: dalle anfore al vasellame, sembra che la nave provenisse dal Medio Oriente: forse dal Libano o dalla Siria e che fosse diretta sulla costa provenzale. Lo studio del relitto di Capo Corso 2, con il suo carico perfettamente conservato, sarà oggetto di studio nei prossimi anni. Si spera sempre nell’ambito di un progetto internazionale.