Il 31 ottobre 1737 è la data di un evento cruciale per il destino di Firenze e dei suoi tesori: è questo il giorno in cui venne stretto il Patto di Famiglia, documento grazie al quale le collezioni ed il patrimonio culturale dei Granduchi furono permanentemente vincolati alla città. Senza il Patto di Famiglia, Firenze avrebbe potuto essere spogliata dei suoi tesori d’arte in qualsiasi momento. L’ideatrice di questo gesto lungimirante fu l’ultima discendente dei Medici, l’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa, in accordo con Francesco Stefano di Lorena, appena nominato Granduca di Toscana. Per festeggiare questa ricorrenza ogni 31 ottobre è previsto l’ingresso gratuito a tutti i musei delle Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Giardino di Boboli. Ci racconta la vita di Luisa il direttore degli Uffizi Eike Schmidt.
Anna Maria Luisa de Medici ebbe un’intuizione geniale, riuscì a vedere il futuro della collezione che poi sarebbe andata a formare gli Uffizi. Quali furono a suo parere le motivazioni che la spinsero a compiere questo gesto così importante?
Dopo aver trascorso decenni in Germania, pur vivendo in una delle corti più dedicate ad arte cultura e musica, quella di Düsseldorf, Anna Maria Luisa deve aver comunque sentito un grande vuoto, pensando alla sconfinata ricchezza di opere d’arte a Firenze, dove era cresciuta e dove volle tornare dopo la morte di suo marito. Forse considerò anche la questione della discendenza, ricordando quanto avvenuto nel 1631 con il matrimonio di Maria Vittoria della Rovere, ultima della sua casata, con Ferdinando II. In quella circostanza Urbino venne spogliata delle sue collezioni che finirono a Firenze, dove possiamo ammirarne i gioielli più preziosi nelle Gallerie degli Uffizi. Il Patto di famiglia è perciò un atto lungimirante di patriottismo e di politica culturale, con cui Maria Luisa dimostra di aver compreso i rischi della Storia e come Firenze si identifichi completamente con la sua arte, accumulata nei secoli dai Medici. Grazie a lei, a quel suo documento di portata quasi rivoluzionaria per quei tempi, oggi i tesori della città sono a disposizione dei fiorentini e dei forestieri
Di Anna Maria Luisa de Medici le fonti dell’epoca dicono che aveva ereditato il carattere deciso del padre Cosimo III, il quale cambiò la legge di successione per lei, affinchè potesse accedere al trono quando fossero deceduti i membri maschili della famiglia. Eppure Luisa ebbe una vita non facile, crebbe senza la madre, poi dovette difendersi dal fratello minore Gian Gastone de’ Medici con cui non era in buoni rapporti. Lei che idea si è fatto su questa donna?
Anna Maria Luisa é la prima di tre grandi donne che hanno segnato in modo indelebile la storia del ‘700. La sua reggenza precedette l’ascesa di Maria Teresa al trono imperiale di Vienna e quella di Caterina la Grande al trono di Russia. Ad unire questo trittico di donne fu non solo il carattere forte e indomito, ma anche una visione della realtà sotto molti fronti innovativa e all’ avanguardia rispetto alla mentalità del loro tempo. Senza dimenticare l’elemento più importante: erano tutte e tre donne coltissime, e il loro sconfinato amore per le lettere, l’arte e cultura, costituiva la base e fondamento delle loro decisioni politiche e strategiche.
Una volta deceduto il fratello, ad Anna Maria Luisa fu offerta la reggenza del Granducato, ma lei nota mecenate e amante dell’arte rifiutò per dedicarsi al riordino delle collezioni d’arte, si sa qualcosa dei suoi gusti personali? Cosa amava collezionare Anna Maria Luisa?
L’iconografia moderna di Firenze è legata al Rinascimento, ma non dobbiamo dimenticare la splendida fioritura dell’arte in città durante il periodo barocco, quando la scultura in bronzo fiorentina, ad esempio, era ammirata e ricercata in tutte le corti d’Europa. Anna Maria Luisa dimostra un gusto al passo con i tempi, quando commissiona a 12 scultori una serie di altrettanti rilievi in bronzo di soggetto biblico e religioso, bellissimi ed estremamente raffinati che volle nei suoi appartamenti e dopo la sua morte destinò ai suoi amici più cari ed ai più stretti collaboratori. Siamo riusciti a riunire queste opere, da molto tempo disperse in tutto il mondo, nella mostra “Plasmato dal fuoco”, dedicata all’arte della scultura bronzea del Seicento e Settecento, tenutasi a Palazzo Pitti alcuni mesi fa. In quell’occasione abbiamo potuto mettere in evidenza non solo la sontuosa raffinatezza dei rilievi voluti dall’Elettrice Palatina, ma anche la sua intelligenza nel concepire un programma iconografico di straordinaria sottigliezza teologica.
Negli ultimi anni gli Uffizi hanno rivolto un’attenzione particolare alle artiste donne, riscoprendole con mostre ed eventi, come mai questa scelta?
Poche settimane prima di prendere servizio agli Uffizi ebbi occasione di pranzare con le Guerilla Girls, gruppo di attiviste e artiste femministe americane. Durante la nostra conversazione, mi esortarono a scoprire se nei depositi ci fossero opere di artiste, e ove così fosse, di trovare il modo di portarle alla luce, farle conoscere al pubblico. Fui subito entusiasta di questa idea. Anche perché oltre ad Artemisia Gentileschi e Sofonisba Anguissola sapevo che agli Uffizi e a Palazzo Pitti non ne erano esposte molte altre. Così, appena arrivato a Firenze, iniziai subito le mie incursioni nei depositi: non ci volle molto per scoprire che le Gallerie degli Uffizi possiedono la collezione più vasta al mondo di opere di donne artiste fino all’Ottocento. Per me divenne subito un imperativo morale, oltre che artistico, estrarne quante più possibile dai depositi. E continuo a farlo, con inserimenti negli allestimenti, mostre ed altre iniziative. Dal 2016 le esposizioni dedicate ad artiste donne sono state 9: ma il materiale è tanto e possiamo continuare a programmarne molte altre per il futuro. L’importante è far capire che non si tratta solo di un riscatto, di “quote rosa”: si tratta infatti molto spesso di artiste di livello strepitoso, il cui lavoro raggiunge vertici non inferiori a quelli dei molto più celebrati colleghi uomini.
Quando si parla di pittrici donne viene sempre in mente un nome protagonista tra l’altro di una storia di violenza: Artemisia Gentileschi. Quali sono secondo lei altre pittrici che meriterebbero di essere ri-scoperte?
Ce ne sono tante. Ma in particolare vorrei parlare della fantastica Giovanna Garzoni: originaria di Ascoli Piceno nelle Marche, fu non soltanto una delle più grandi pittrici del periodo barocco, ma anche calligrafa, naturalista, musicista. Fu una viaggiatrice – era ricercata nelle corti più raffinate, inclusa Firenze – una testimone coltissima delle conoscenze scientifiche del suo tempo, e diventò perfino membro della prestigiosa Accademia di San Luca a Roma, dove alla fine si trasferì. La sua arte non è conosciuta come merita, ma è stata recentemente oggetto di una campagna di studi (guarda caso, condotta da studiose donne) che ha fatto emergere il suo ruolo nella cultura europea del tempo. Proprio per questo, in occasione della Festa della Donna, le dedichiamo una mostra monografica in Palazzo Pitti che aprirà a partire dal 10 marzo.
In occasione della mostra ‘Lessico femminile. Le donne tra impegno e talento 1861-1926’ lei ha dichiarato che ‘la battaglia delle donne è ancora ben lontana dall’essere vinta. Ma tutti insieme ce la possiamo fare’. Mi ha colpito molto la parola ‘insieme’, spesso si dice che gli uomini dovrebbero essere più coinvolti nella lotta per i diritti delle donne, sono pochi quelli che scelgono di usare la loro voce per parlare di queste tematiche, come invece ha fatto e sta facendo lei.
È importante capire e mettere in chiaro che la lotta per i diritti delle donne non è “una cosa da donne”. Riguarda tutti e favorirà tutti, donne e uomini. È una questione di cultura civile: l’uguaglianza tra i generi, non solo nel lavoro ma anche nella sfera privata, è fondamentale per raggiungere l’armonia sociale di cui abbiamo tutti bisogno, dalla famiglia alla vita pubblica fino alla società nel suo complesso.