“Tanto per cominciare, l’olio non è un condimento, ma un vero e proprio ingrediente”: è questo il motto di Andrea Perini, il cuoco allievo di Gordon Ramsay e María José San Román, oggi in cucina da Al588 a Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze. Per il secondo anno di fila si è aggiudicato il premio di “Chef dell’olio” assegnato dall’AIRO (l’Associazione Internazionale Ristoranti dell’Olio) per l’eccezionale utilizzo dell’olio extravergine d’oliva nei suoi piatti.
In vista di Olea, la manifestazione dedicata all’oro verde di Montespertoli, in programma il 28 e 29 novembre online, abbiamo intervistato lo chef Andrea Perini per capire com’è nata la sua passione per l’enogastronomia.
L’olio è il protagonista delle tue creazioni e rappresenta anche la tua idea di cucina. Che tipo di risposta arriva dalla clientela?
Scelgo l’olio nello stesso modo in cui scelgo le altre materie prime, come il filetto, la patata, il fagiolo o qualsiasi altra cosa. Ogni olio ha le sue caratteristiche, i suoi profumi e quindi si incastra come gli altri ingredienti.
Durante l’anno, nel ristorante si alternano dalle 100 alle 120 etichette di oli provenienti da tutta Italia. C’è la possibilità di poterne assaggiare una ventina per volta ogni cambio di piatto.
Ancora la clientela non è pronta a scegliere l’olio per la portata. Non c’è una cultura profonda: lo sceglierebbero in base all’etichetta, all’estetica o alla regione di provenienza. Devo dire che con il tempo le persone sono sempre più informate, scelgono i prodotti con maggiore consapevolezza.
Dove nasce questo amore per l’olio?
Ho sempre avuto la passione per l’olio, questo perché sono toscano e noi toscani tra gli ulivi ci si nasce! E poi mio nonno e mio zio facevano l’olio per casa quindi sono sempre andato a cogliere le olive nei campi. Mi ricordo benissimo quelle mattina fredde con la nebbia. Uscire col nonno era un momento bello, si poteva giocare sui teli, rotolarsi per terra, tutto era concesso in quel momento. La notte andavamo a fare l’olio in frantoio, si poteva andare a letto tardi. E alla fine si gustava una bruschetta con il pane caldo davanti al camino. Sono ricordi a cui sono legato tantissimo.
A livello lavorativo, quando e come ti sei avvicinato al mondo dell’olio?
Durante il mio percorso di lavoro sono arrivato a Villa Campestri, un Olive Oil Resort a Vicchio. Qui ho iniziato ad avere i primi approcci con diversi tipi di olio e sempre qui ho conosciuto Filippo Falugiani, presidente di AIRO che mi ha introdotto in questa fantastica realtà dell’olio.
Il tuo percorso è ricco di esperienze professionali: hai lavorato nelle cucine inglesi con Gordon Ramsay, poi in Spagna con María José San Román.
Per un periodo ho lavorato per Gordon Ramsay in Inghilterra e ho potuto constatare che l’olio nei ristoranti è usato molto poco. Anche in Italia nei ristoranti non gli è mai stato dato un grande valore. Ai piatti si aggiunge un filo d’olio alla fine senza dargli una motivazione. Per questo ho deciso di iniziare questo percorso e dare voce a un ingrediente che non ce l’ha mai avuta. Quindi da lì è iniziata la “mia” cucina dell’olio, senza cottura invasive e senza grandi soffritti, utilizzando l’olio sempre a crudo. Lo usiamo come ingrediente principe nelle ricette “salate” e in pasticceria: abbiamo infatti studiato un burro d’olio, fatto con una base di burro di cacao e olio extravergine che monta con la stessa efficacia del burro. Ci si possono creare frolle, torte e qualsiasi altra cosa.
Hai un olio preferito?
Essendo toscano amo i sapori forti come potrebbe essere il Leccio del Corno o il Moraiolo. Però la Coratina che è pugliese comunque è un olio importante. Quindi posso dire che ho un olio preferito per ogni occasione.