Tre mostre, tre artisti, tre generazioni a confronto al Museo Novecento di Firenze dove a partire dal 18 marzo fino al 7 settembre sono esposte le opere di Filippo de Pisis, Giulio Paolini e Luca Vitone.
Cosa accomuna il percorso artistico di Filippo Tibertelli de Pisis pittore e letterato ferrarese nato a fine ‘800, quello di Giulio Paolini uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana e internazionale dagli anni Sessanta ad oggi?
Pur appartenendo a due stagioni dell’arte distanti, nei due artisti si riscontrano molteplici assonanze. Le loro opere funzionano come rebus e allegorie, gli oggetti e gli elementi che compongono il loro repertorio visivo vanno decifrati per entrare nel gioco misterioso e spiazzante dell’arte, il cui significato ultimo rimane comunque inafferrabile.
Nelle loro opere De Pisis e Paolini combinano ricordo e memoria, leggerezza e malinconia, eludendo costantemente la cronaca e l’appiattimento sulla realtà fenomenica.
La mostra Filippo De Pisis. L’illusione della superficialità, nata da un’idea di Sergio Risaliti, co-curata con Lucia Mannini e organizzata in collaborazione con l’Associazione per Filippo De Pisis, ospiterà oltre quaranta opere del pittore e letterato ferrarese al primo piano del Museo Novecento.
Accusato spesso di perseguire una pittura dalla “superficialità decorativa” di matrice neo-impressionista – per via della pennellata rapida e leggera e dei piacevoli accostamenti cromatici – De Pisis ha invece costruito molti dei suoi maggiori dipinti tramite un gioco di rimandi e riferimenti, autobiografici e culturali.
L’esposizione intende sottolineare la sua complessità attraverso un’attenta e studiata selezione di opere nelle quali l’artista ha adottato la magica e misteriosa sospensione tra realtà e irrealtà che vuole sollecitare nell’osservatore una riflessione, invitandolo a indagare più in profondità il senso delle cose esibite in un dipinto e andando oltre la piacevolezza visiva della sua pittura.
Tra i grandi maestri dell’arte italiana del Novecento, Giulio Paolini è il protagonista di un progetto espositivo inedito, che riunisce opere della sua produzione più recente in dialogo con l’architettura rinascimentale delle sale al piano terra del Museo Novecento.
Il titolo della mostra “Quando è il presente?” a cura di Bettina Della Casa e Sergio Risaliti, è ripreso da una lettera scritta nel 1922 da Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomè, da cui Giulio Paolini trae spunto per condurre una propria meditazione sul tempo e sulla nostra impossibilità di afferrarlo, combinando gli interrogativi sul ruolo dell’arte e la figura dell’artista con quelli sull’esistenza e il suo fluire.
Come sempre nella sua produzione, Giulio Paolini ricorre a un vasto repertorio di riferimenti letterari, mitologici e filosofici, richiamati attraverso la riproduzione fotografica, il collage e il calco in gesso, cui fanno da pendant allestimenti articolati e compositi, imperniati su citazioni, duplicazioni e frammentazioni, per dar vita a un teatro dell’evocazione.
In occasione di questa mostra, l’artista torinese ha realizzato un collage incorniciato allestito su un cavalletto, ispirato al celebre affresco del Noli me tangere conservato all’interno del convento di San Marco. L’opera sarà esposta proprio all’interno della cella omonima di fronte al dipinto del frate domenicano.
Infine, De Pisis e Paolini costituiscono due importanti riferimenti per l’artista contemporaneo Luca Vitone, che porta al Museo Novecento una serie di opere site-specific all’interno della mostra intitolata “D’après (De Pisis – Paolini)”.
Mentre un dipinto di De Pisis dà modo a Vitone di elaborare una scultura olfattiva il cui profumo pervade una stanza del museo, opera realizzata in collaborazione con Maria Candida Gentile e ispirata alla tela Il gladiolo fulminato, conservato a Ferrara e volutamente non presente in mostra, nell’altro caso Vitone ha recuperato dallo studio di Giulio Paolini della polvere, diventata materiale pittorico per realizzare un acquarello che attraverso questo espediente vuole mettere in scena l’atelier dell’artista.
L’operazione di Vitone si completa con una doppia installazione all’interno dello spazio espositivo che ospita la mostra dedicata a De Pisis. In una delle prime sale il visitatore scoprirà un erbario che allude agli interessi botanici del ferrarese, che amava anche definirsi naturalista, entomologo e miniaturista.
Nello stesso spazio vi si potrà imbattere in un pupazzo, le cui fattezze ritraggono Vitone. Il medesimo meccanismo di traslazione o transfert è testimoniato da un fantoccio di pezza che appare in una foto di De Pisis nel suo studio, documento d’archivio utilizzato da Vitone per realizzare una carta da parati che fascerà nella sua totalità le sale espositive al primo piano del museo. Su questa carta da parati saranno esposte le opere di De Pisis presenti in mostra, in un allestimento straniante che alimenta il gioco evocativo e concettuale dell’intero progetto espositivo.