Nel Palazzo Podestarile di Montelupo Fiorentino fino al 1 agosto 2021, si tiene la mostra “Ceramica dolce. Design e artigianato a Montelupo”, che propone le opere realizzate a conclusione dei Cantieri ceramica e design 2020-2021, durante i quali, sotto la direzione artistica di Silvana Annicchiarico, artisti e designer di caratura internazionale hanno prodotto opere e collezioni direttamente presso le botteghe e le aziende del territorio.
Nella storia di Montelupo Fiorentino la ceramica ha svolto un ruolo importantissimo. Nel corso dei secoli nelle botteghe del paese sono state messe a punte delle tecniche che poi sono state tramandate di generazione in generazione, donando alla città una reputazione legata all’idea di bellezza, al gusto del lavoro ben fatto, alla vocazione per la ricerca e la sperimentazione continue.
Dal Rinascimento in cui Montelupo ha di fatto rappresentato “la Fabbrica di Firenze”, fino alle esperienze manifatturiere del ‘900, questo territorio ha svolto e svolge un ruolo di primo piano nel panorama internazionale.
Il progetto Ceramica Dolce ha voluto fondere passato e presente, tradizione e creatività coinvolgendo artisti e designer che sono venuti a produrre i propri lavori direttamente a Montelupo, lavorando con le maestranze locali, a ricreare un orizzonte di sperimentazione in grado di esplorare il tema del rapporto tra artigianato, arte e design.
“Fondere tradizione e innovazione, memoria e ricerca, notum e novum – ha dichiarato la curatrice Silvana Annicchiarico – è l’idea di fondo che sta alla base della mostra CERAMICA DOLCE. Design e artigianato a Montelupo. Sono convinta che sia qui, in questa pratica di ibridazione e di osmosi, che si gioca oggi la scommessa più importante: non nella separazione dei saperi, non nella gelosa difesa del proprio hortus conclusus, ma nell’incontro, nell’apertura, nella disponibilità a contaminarsi con il diverso da sé. CERAMICA DOLCE lo fa, nella certezza che sia uno dei modi più efficaci per far uscire la ceramica dal ghetto dei souvenir a basso prezzo destinati al gusto massificato del turismo di massa e per far riscoprire al pubblico più vasto la bellezza generata dalle abili mani dei maestri d’arte montelupini, che sono a tutti gli effetti dei veri e propri beni culturali viventi”.
Gli artisti e i laboratori artigiani
Sette collezioni create dagli artisti ospiti e dalle manifatture, con la collaborazione degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti, che hanno svolto il ruolo di assistenti alla produzione sviluppando anche una propria progettualità. Sette collezioni per sette ambienti di mostra, che confluiscono in un allestimento nella sede del Palazzo Podestarile, già sede del Museo della Ceramica e attualmente di mostre temporanee, curato da Marco Ulivieri per ricreare uno spazio che racconti l’intero percorso progettuale.
Il percorso ha avuto inizio lo scorso anno con Matteo Cibic in tandem con il laboratorio d’arte Dolfi di Ivana Antonini. Insieme hanno creato una Collezione che ci proiettava immediatamente in una dimensione altra, in una sorta di Paradiso dei Sogni o di un paese dei balocchi. Con qualcosa di Disney, qualcosa di Magritte e un tocco da Alice nel Paese delle meraviglie. Insomma, la ceramica ci conduceva in una dimensione onirica e visionaria.
Il lavoro poi è proseguito coinvolgendo altri laboratori ceramisti e affiancandoli a progettisti con storie fra di loro molto diverse: Antonio Aricò, Francesco Binfaré, Lorenzo Damiani, Maurizio Galante e Tal Lacman, Duccio Maria Gambi, Valerio Sommella e Mario Trimarchi. Sette designer che sono venuti nelle botteghe artigiane ed hanno lavorato con le maestranze locale, confrontandosi, condividendo esperienze, saperi e soprattutto visioni.
Antonio Aricò ha lavorato su degli obelischi urbani ispirati all’immaginario dei giardini toscani, una sorta di bestiario fantastico rivisitato. Francesco Binfaré si è ispirato all’archetipo dell’angelo di Andrea della Robbia, interrogandosi su come potesse essere rappresentato e collocato nel contesto della globalizzazione.
Lorenzo Damiani ha preparato due collezioni: una di vasi grezzi con incastonati i piatti della tradizione di Montelupo, un’altra di vasi realizzati con gli scarti di lavorazione delle fornaci ceramiche in memoria del ritrovamento dell’antico pozzo dove venivano accatastati gli scarti. E ancora Duccio Maria Gambi si è confrontato direttamente con la materia ceramica esistente, con gli scarti, con un progetto di levigatura e di sottrazione della materia per creare un ponte fra passato remoto e futuro incerto.
Maurizio Galante e Tal Lancman si sono proposti di ibridare la tradizione montelupina dei vasi con il mondo dei mostri Kaiju, tipici della fantascienza giapponese, per interrogarsi sul bene e sul male. Valerio Sommella si è misurato sperimentando la matericità delle decorazioni innovando una fase del processo produttivo. Infine Mario Trimarchi ha lavorato a un monumento in ceramica, una torre disequilibrata, sormontata da una grande coppa in bilico che ci fa riflettere sulle nostre fragilità.