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Suvignano, risplende la bellezza sporcata dalla mafia

Un giorno di festa nella tenuta confiscata, che per la prima volta apre i suoi cancelli. Voci, parole, musiche, odori. La Toscana si riappropria così della sua bellezza e la chiama per nome: legalità

Volontari nella tenuta di Suvignano (Siena) confiscata alla mafia

La bellezza è stata svelata e restituita a chi ancora crede e spera che esista un senso profondo di giustizia. Ciò che era stato macchiato dalla mafia è ora ripulito. Ci sono voluti anni. Lunghissimi e pieni di ostacoli. Ma il tempo e la pazienza e l’ostinazione sono virtù che appartengono ai forti. Alla fine la Tenuta di Suvignano, che si trova a una ventina di chilometri a sud di Siena, nel cuore di Toscana, ha aperto le sue porte. Da domenica, quelle terre che furono di Cosa Nostra sono tornate a essere cose di tutti.

Suvignano tenuta aperta - Panorama

Era quindi giusto festeggiare. E l’hanno fatto giovani e meno giovani, famiglie, volontari, istituzioni, produttori. Si sono mescolati. Hanno parlato, discusso e gioito insieme. Accade tutto domenica 23 giugno 2019, nel giorno che precede una delle notti più attese dell’anno: quella di San Giovanni. L’estate è arrivata e si fa sentire, respingendo con forza quell’allerta meteo che il giorno prima aveva fatto temere che non tutto sarebbe andato come sperato. Invece, a Suvignano, splendeva il sole. Dentro e fuori di ognuno. «Oggi sembra non tramontare mai», ha detto qualcuno. Non aveva torto.

C’erano madri che allattavano al seno i propri figli nel bosco, sul retro del palco. Quel bosco, domenica, è stato il rifugio di molti. Intere famiglie stese su teli da mare o su tovaglie da picnic improvvisate. Tutt’attorno colline, terreni agricoli ben manutenuti, alberi e file di cipressi che tagliavano la linea dell’orizzonte. Si è avvicinato anche un gregge di pecore. Non troppo, a dire il vero. Come se avessero voluto rendere omaggio in quella giornata così speciale.

Suvignano tenuta aperta - Panoramica

«Guarda là. Le vedi quelle colline? Ecco, la tenuta si estende ben al di là di ciò che vedi». Gabriele Berni, sindaco di Monteroni d’Arbia appena rieletto, ci indica col braccio i confini di quelle terre. Sono tanto estese che l’occhio non riesce neppure a definire il perimetro. Rivolgendo lo sguardo attorno, come a voler fare una panoramica d’insieme, gli oltre 640 ettari si percepiscono appena. Nel 1983, anno del primo sequestro dell’azienda appartenuta all’imprenditore palermitano Vincenzo Piazza sospettato di avere rapporti con Cosa Nostra, gli ettari erano più di 700. La firma, sull’atto, era quella di Giovanni Falcone.

Suvignano tenuta aperta - StreetBand

Ci sono voluti 36 anni prima che la Tenuta di Suvignano fosse assegnata. Ora è della Regione Toscana, che ha affidato la gestione a Ente Terre. Questo giorno di festa, quindi, è solo l’inizio di un cammino destinato a durare nel tempo. Mentre l’assessore regionale Vittorio Bugli, inaugurando ufficialmente la riapertura della tenuta, ha lanciato l’idea di istituire una giornata della legalità da vivere proprio lì, a Suvignano, anno dopo anno, ecco che il tavolo di lavoro che mette insieme sia la Regione sia i due comuni coinvolti (oltre a Monteroni d’Arbia c’è Murlo, sulle cui terre si estendono 18 ettari di tenuta) è già al lavoro per definire il piano delle attività.

«Sì, ce la siamo ripresa. I toscani se la sono ripresa» ha detto Bugli. «Sarà un luogo vivo, attivo, di idee e anche di produzione. Ci faremo una buona agricoltura, con prodotti biologici e di filiera corta. E chi lavorerà qui, lo farà garantito, sempre, dalla forza della legge e dei diritti. La tenuta sarà un simbolo della lotta alla presenza della criminalità organizzata nella nostra regione. Qui daremo vita al luogo-simbolo su quanto la Toscana, in tutte le sue espressioni, ha fatto, fa e farà contro le mafie. Porteremo i ragazzi delle scuole a visitarla e nella tenuta già organizziamo campi estivi di lavoro per i giovani».

Già, i campi di lavoro. Finora sia Libera sia Arci, d’estate, hanno portato i ragazzi al sud. Alcuni in Calabria, altri in Sicilia. Ma la mafia è ovunque e non risparmia neppure la Toscana. Il nuovo rapporto sulla presenza mafiosa nella regione sarà presto redatto dalla Scuola Normale di Pisa. Analizzando però l’ultimo studio edito, è possibile scoprire che dei 552 beni confiscati in sessanta comuni della Toscana, sono soltanto 137 quelli assegnati. La prima città è Firenze, seguita da Pisa, Livorno e Lucca. Sono presenti 78 clan e le province con il più elevato rischio di penetrazione criminale sono, nell’ordine, Grosseto, Livorno, Prato e Massa.

Suvignano tenuta aperta - Talk

I numeri aiutano a inquadrare il fenomeno, ma per comprenderlo davvero sono ben più efficaci le storie di vita. Storie vere e drammaticamente reali. Storie di chi, come la giornalista di Repubblica Federica Angeli o l’imprenditore calabrese Antonino De Masi, hanno scelto di fare la cosa giusta. Non hanno nascosto la testa, non si sono girati dall’altra parte, non hanno abbassato le tapparelle. Piuttosto hanno raccontato e denunciato. Da Ostia fino alla Piana di Gioia Tauro. Così lontani, così vicini.

Oggi vivono sotto scorta, le loro esistenze sono state stravolte. Ma non si pentono, né tantomento desiderano essere chiamati eroi. Federica e Antonino, testimoni eccellenti arrivati fino a Suvignano, raccontando semplicemente loro stessi hanno commosso e scosso quelle famiglie e quei giovani arrivati fin qui per festeggiare. Hanno fatto sentire i cittadini di Toscana un po’ più cittadini. Responsabilità, consapevolezza, coscienza, giustizia. Come a dire: sì, insieme si può fare.

La storia biografica di Federica Angeli, tratta dal suo libro “A mano disarmata”, è ora anche un film. Porta lo stesso titolo e a interpretare il suo ruolo è l’attrice Claudia Gerini. Quella di Antonino De Masi, invece, è in teatro grazie alla compagnia Mimesis di Pescia (“Il potere dei senza potere”).

«La legalità non può essere un obiettivo, perché non è neppure un valore. È un prerequisito. L’obiettivo è la giustizia» ha ripetuto in più occasioni don Luigi Ciotti. E la giustizia passa anche dalla nostra storia. Un percorso che ci avvicina alla libertà non può quindi prescindere dal ricordo della Liberazione, quella con la maiuscola. Forse lo sanno anche i Modena City Ramblers, che dopo le performance teatrali e la musica della street band hanno chiuso con un piccolo grande concerto. L’ultimo pezzo? “Bella ciao”, com’era ovvio che fosse.

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