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Il ciclo della violenza nei dati Istat: diminuisce ma diventa più feroce

Intervista a Linda Laura Sabbadini Statistica Sociale, editorialista del quotidiano ‘La Stampa’

Secondo i dati Istat dell’ultima indagine del 2014 sono 6 milioni e 788 mila le donne che nel corso della propria vita hanno subito una forma di violenza sessuale o fisica. 652 mila hanno subito uno stupro, mentre 746 mila sono sfuggite ad un tentativo di violenza, pagandone le conseguenze. A commettere i soprusi sono persone vicine, come i partner oppure gli ex. Il 62,7% degli stupri, non a caso, viene commesso proprio dal compagno attuale o da quello precedente. Il 10,6% delle intervistate ha subito una molestia sessuale prima di aver compiuto 16 anni. Non solo: sono i bambini le maggiori vittime della violenza domestica, nel 65,2% dei casi infatti i figli sono presenti mentre la madre viene picchiata, vessata o violentata. Rispetto all’indagine precedente, realizzata nel 2006, però emergono dettagli importanti. Le donne negli ultimi anni hanno imparato meglio a difendersi e cresce la fiducia nelle forze dell’ordine. Le donne sono più propense a denunciare e si ribellano alle violenze psicologiche. Nonostante ciò la situazione resta grave soprattutto perché la violenza resta sommersa per il 90%. Ecco la nostra intervista alla statistica sociale Linda Laura Sabbatini.

Secondo i dati Istat il 90% delle violenze non viene denunciato è così?
Esatto, la violenza contro le donne è impunita in primo luogo perché è sommersa, le donne non ne parlano con nessuno e non denunciano. Per capire che cosa succede rispetto alla violenza bisogna confrontare tutti i risultati non solo le denunce. Le denunce possono crescere perché più donne decidono di denunciare delle donne e non perchè cresciuto il fenomeno. Confrontando le ultime due indagini Istat possiamo dire che dal 2006 al 2014 la violenza è diminuita complessivamente ma sono aumentate le donne che si sono rivolte alla polizia o ai centri antiviolenza. Questo vuol dire che c’è un risveglio delle donne, una maggiore presa di coscienza femminile, anche se denunciano sempre poco. Ciò è dovuto al fatto che gran parte della violenza proviene dal partner. Inoltre è molto oneroso per una donna seguire tutto il processo, essere interrogata, mantiene aperta una ferita profonda. Spesso nei tribunali, che sono lo specchio della società, le donne non si trovano in una situazione tranquilla, a volte vengono fatte domande inadeguate.

Mi colpisce molto il fatto che restano stabili tre dati: i femminicidi, gli stupri e i ricatti sessuali sul luogo di lavoro
I ricatti sessuali sul lavoro sono quelli che vengono in assoluto meno denunciati, la situazione è durissima per le donne. I ricatti colpiscono di più le donne più vulnerabili, più le disoccupate, le precarie o le donne che vogliono fare carriera. Più è asimmetrico il rapporto tra la donna e più l’uomo potrà sfruttare la situazione di precarietà.

La violenza diminuisce complessivamente ma si fa più feroce, in che senso?
Cresce la percentuale di donne che dicono di aver avuto paura per la loro vita, questo vuol dire che queste donne hanno subito una violenza molto grave. Probabilmente proprio perché c’è una crescita della coscienza femminile, ciò porta gli uomini che hanno un approccio di dominio e possesso della donna a reagire più rabbiosamente. Quindi paradossalmente diminuisce la violenza meno grave ma aumenta la gravità di quella che rimane.

Un’altra cosa che mi ha colpito è che molte donne non denunciano per non togliere la figura paterna ai figli, non sapendo che un uomo violento educa i figli alla violenza
È una cosa molto diffusa, tutti i centri antiviolenza lo dicono, c’è una forte resistenza a denunciare il marito perchè i figli perderebbero il padre. Quando in realtà esiste il meccanismo per cui un bambino che assiste a una violenza sulla madre ha una probabilità alta di diventare a sua volta autore di violenza da grande e per una bambina a diventare vittima. I modelli purtroppo si trasmettono.

Foto di Megan Barnum

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