La terapia Car-T (Chimeric antigen teceptor T-cell) per la cura di linfomi e leucemie degli adulti e dei bambini si farà anche in Toscana, nelle quattro aziende ospedaliero universitarie: Careggi e Meyer a Firenze, Pisa e Siena. Lo ha deciso una delibera approvata dalla giunta regionale nel corso della seduta di ieri pomeriggio, su proposta dell’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, che ha ampliato il numero dei centri, che due precedenti delibere di marzo e aprile scorsi limitavano invece a Careggi e Meyer.
“Ora che l’Agenzia italiana del farmaco ha dato l’autorizzazione per la rimborsabilità di questa terapia, che è molto cara – ha detto l’assessore Saccardi – vogliamo che in tutti i centri ospedaliero universitari della Regione sia possibile seguire i pazienti che ne hanno bisogno. In tutte le quattro aziende ci saranno team multidisciplinari in grado di garantire ai pazienti un’assistenza specializzata per l’intero percorso di cura”.
L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, infatti ha dato di recente l’ok alla rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale della terapia, che comunque sarà disponibile non prima di alcuni mesi. In attesa del provvedimento di Aifa di autorizzazione all’immissione in commercio, ogni Regione deve individuare i centri autorizzati. In un primo tempo, in Toscana erano stati individuati, appunto, Careggi e Meyer. La nuova delibera allarga la rosa dei centri autorizzati a tutte e quattro le aziende ospedaliero universitarie.
La terapia cellulare con Car-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) viene usata per due tumori del sangue, quando trapianto e farmaci non hanno funzionato. Si usa per pazienti adulti con linfoma e con leucemia, e per i bambini con leucemia. Prevede una prima fase in cui i linfociti vengono prelevati dal paziente tramite aferesi, una seconda fase di modificazione genetica dei linfociti stessi, e una terza fase di re-infusione endovenosa dei linfociti nel paziente. Anche se registrate come farmaci, le Car-T sono in realtà complesse procedure di cura e risultano ben lontane dal concetto tradizionale di principio attivo capace di trattare una patologia grazie ad un meccanismo farmacologico.