Togliere il velo che permette al melanoma di non essere riconosciuto in maniera adeguata dal sistema immunitario, grazie all’utilizzo di farmaci epigenetici. È questa la nuova sfida nella lotta ai tumori a cui stanno lavorando i ricercatori del Centro di immuno-oncologia (Cio) dell’Azienda ospedaliero-universitaria senese, diretto dal professor Michele Maio.
Nei risultati dello studio Nibit-M4, pubblicati sulla rivista Clinical cancer research, il gruppo di ricerca di Maio ha dimostrato che nei pazienti con melanoma la successione delle molecole terapeutiche guadecitabina e ipilimumab migliora la risposta del sistema immunitario nel riconoscere e attaccare le cellule tumorali e aumenta l’efficacia clinica del trattamento con il solo ipilimumab. Lo studio è stato progettato e condotto dalla Fondazione Nibit, anche grazie al sostegno di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, e realizzato dai ricercatori del Cio.
Lo studio, con la Fondazione Nibit, si concentra sull’individuazione di molecole capaci di modificare le caratteristiche della malattia con l’obiettivo di rendere maggiormente visibile il tumore al sistema immunitario. Il primo passo consiste nella somministrazione di un farmaco epigenetico, la guadecitabina, capace di rendere maggiormente visibile il tumore che viene poi attaccato dal sistema immunitario la cui azione è stata potenziata grazie all’utilizzo dell’immunoterapico ipilimumab.
La sperimentazione clinica di fase 1b, iniziata nel 2015, ha coinvolto 19 pazienti con melanoma metastatico e ha raggiunto l’obiettivo di dimostrare la sicurezza e la tollerabilità della sequenza di somministrazione dei due farmaci epigenetici. Dalle analisi è anche emerso che nel 42% dei pazienti si è verificata una risposta obiettiva al trattamento o un controllo della progressione di malattia. Per Maio, “agire sul tumore rendendolo maggiormente visibile al sistema immunitario è la chiave per rendere più efficace l’immunoterapia”.