Dopo cinque anni da ‘Preso nel vortice’ del 2013 ‘L’abisso’ è il 20esimo disco in studio dei Diaframma, band che costituisce l’esperienza più longeva e continuativa della scena musicale indipendente nata in Italia negli anni ’80; un patrimonio musicale che non cessa di ispirare i musicisti contemporanei. In questi cinque anni Federico Fiumani non ha smesso di suonare sui palchi di tutta Italia, attività a cui ha affiancato un’incessante uscita di raccolte, ristampe e live che sono andati ad impreziosire una discografia che dal loro primo singolo del 1982 conta più di 50 uscite. Con ‘L’abisso’ Federico torna con la sincerità che da sempre lo contraddistingue a raccontare il suo punto di vista sui rapporti personali e sulla vita. Ecco la nostra intervista.
Ciao Federico, mi hanno detto che oggi eri a girare un video
Sì il video è stato realizzato per la canzone ‘Leggerezza’ che è il pezzo che apre l’album nuovo, io ne ho girata una parte, ho fato un playback alla chiesa di San Michele a Castello. Siamo stati tutto il pomeriggio a suonare al freddo. Poi c’è un ‘altra parte che è stata girata stamattina a Firenze con un’attrice. Il regista che è un mio cugino che vive nelle Marche mi ha detto che è una citazione da Godard, sono curioso di vedere il risultato.
Il tuo nuovo disco si intitola ‘L’abisso’, prima dell’intervista guardavo una carta dei Tarocchi, il Matto, che rappresenta un uomo con vestiti colorati che sta per gettarsi in un precipizio, è una carta che esprime la gioia di vivere, quindi mi sono detta chissà forse anche per Federico l’abisso può simboleggiare qualcosa di positivo.
Beh di sicuro lo sta simboleggiando proprio adesso perché le cose vanno benissimo, il disco è stato accolto molto bene, per il tour abbiamo già fissato 25 date in tutta Italia. Le cose stanno andando molto meglio di quello che pensavo, sono molto contento, quindi direi che la carta è quella giusta. Il disco in realtà si ispira da una parte a un abisso esistenziale, quello che mi aspetta tra un anno e mezzo visto che compirò sessant’anni che è l’ingresso nella vecchiaia ahimè. Dall’altra all’abisso verso cui stiamo sprofondando tutti, dove sta andando la civiltà occidentale, si sta schiantando, non durerà molto.
Quali sono le criticità più grandi della nostra società, cosa ti spaventa di più?
L’avere sostituito la macchina all’uomo. L’uomo è sempre più dipendente dalla tecnologia e ha dimenticato le sue prerogative essenziali che lo rendono umano appunto, cioè le emozioni, i sentimenti, le cose che ci consumano ma che ci fanno vivere. Credo che il vero desiderio dell’umanità sia quello di diventare immortali e penso che l’uomo ci riuscirà tra non molto, delegando tutte le sue emozioni alla macchina. Non proverà più niente, sarà immortale ma diventerà un automa. Il binomio uomo-macchina si compirà definitivamente molto presto. Siamo alla fine di una civiltà che poneva l’uomo al centro di tutto, ormai siamo sempre più macchine gesticolanti.
Oggi pensavo che te, Edda e Giorgio Canali siete uniti dal fatto che il pubblico vi ama per la vostra autenticità, è questo il segreto del vostro successo, la vostra coerenza.
In realtà non è che abbiamo un grande successo, forse Edda più di tutti in questo momento. Siamo tre cani sciolti, ognuno va per la sua strada. Parlo per me, ma posso dire che siamo tutti e tre completamente ininfluenti rispetto a dove sta andando la musica in Italia in questo momento. Io per il mercato reale non esisto neppure, la mia dimensione è molto privata, intima, posso riempire un club, ma insomma chi va forte in questo momento sono altri nomi come Gazzelle, Baustelle, Zen Circus, Motta, questi sono i nomi che fanno tendenza. Io sono una piccola cosa, ma a me va bene così.
Non sono molto d’accordo, forse non farai un grandissimo successo di vendite, ma di critica sicuramente.
Diciamo che il mio successo ‘a misura d’uomo’ mi va bene così, io voglio vivere una vita normale, senza troppa pressione, anche perché il successo è un peso da portare. A livello di numeri e di incidenza nella musica Italia io sono totalmente inesistente.
Tempo fa leggevo una tua intervista in cui criticavi il fatto che spesso si paragona la trap al punk, quando in realtà sono due cose molto diverse.
Sono cose diverse anche perché all’epoca il punk era un fenomeno abbastanza di nicchia, in Italia poi non ne parliamo, eravamo una decina ad amare il punk. La trap è un fenomeno di costume oltre che musicale, i numeri non sono paragonabili. Sfera Ebbasta è un numero uno della musica italiana, mi fa effetto e mi fa anche abbastanza schifo una cosa del genere. Per me il punk era una musica che aveva dei contenuti oltre che una grossa dose di nichilismo, ma era un nichilismo che negava una realtà e ne prevedeva una nuova, con la trap siamo proprio a livello terra terra.
Sei sempre molto critico sulla scena italiana contemporanea, ma c’è qualcuno che ti piace tra i nuovi?
I Baustelle moltissimo, per il resto sai io adesso la musica non la ascolto più e sto proprio bene. Non seguo più le tendenze, ambisco molto al silenzio, alla pace e alla tranquillità cose tipiche della vecchiaia. Continuo ad ascoltare le cose vecchie che mi sono appartenute e che mi appartengono tutt’ora, cose che ho amato e sto bene così. Dove va la musica in Italia non mi interessa. Sono concentrato su quello che faccio io e cerco di farlo nel modo migliore possibile, mi tengo le mie esperienze per me. Non sono un sociologo della musica e non ti saprei dire come sta andando la musica in Italia, mi sembra male però. Negli anni Settanta i miei idoli erano Fabrizio de Andrè e De Gregori, adesso abbiamo Calcutta e Tommaso Paradiso, per me c’è differenza. Calcutta e Tommaso sono bravi, per carità sono anche miei amici, ma non mi sento di paragonarli a De Andrè e De Gregori.
Aneli al silenzio ma in questi anni hai suonato tantissimo in giro.
Si anche perché dovevo guadagnare dei soldi, questo è il mio mestiere. Mi diverto, ho un’ottima band, mi piace suonare. Però mi piace molto anche la pace, il silenzio e la tranquillità. La mia situazione ideale è non fare nulla, adoro i giorni in cui non ho niente da fare.
Ma parliamo del tuo disco, ‘Il figlio di Dio’ chi è il protagonista di questo pezzo?
Sono tante persone che mi è capitato di conoscere, dotate di un’energia magica, meravigliosa, incontenibile, una vitalità che io invidio loro moltissimo. Mi viene da pensare che Dio abbia premiato alcuni a scapito di altri dotandoli di questa energia, di questa voglia di vivere straripante. Piero Pelù è uno così dotato di un carisma naturale, ma anche di una vitalità che gli invidio molto, lui ha vissuto quattro vite in una vita sola.
A me ricordava il protagonista del film ‘Il sorpasso’ di Dino Risi.
Buona! Vittorio Gassmann, mi piace. Ecco io sono molto più Trintignant.
Invece nel pezzo ‘I ragazzi stanno bene’, titolo tratto da “The kids are allright’ degli Who, tu dici ‘il mio sogno gli appartiene’. Qual è il sogno che vuoi tramandare alle nuove generazioni?
L’estate scorsa sono stato invitato da un’associazione di musicisti fiorentini molto attivi che si chiama Fiore sul vulcano a fare un concerto a Firenze. Erano molto simpatici ed educati, sono stato molto bene. Loro mi chiedevano come mai Firenze negli anni ’80 era così piena di energia e creatività mentre adesso no. Il mio sogno gli appartiene perché loro volevano impossessarsi di quello che c’era negli anni ’80, una scena molto viva che adesso non c’è più.
Il mio pezzo preferito del tuo disco è ‘Le auto di notte’ perché mi ricorda quasi la trama di un film horror di Carpenter. Macchine che uccidono! Come ti è venuta questa idea?
Perché è la verità, le auto di notte sono l’equivalente di persone orribili. Di giorno ci sono la polizia municipale, il traffico e i pedoni, mentre di notte le auto fanno cattiverie, saltano tutte le regole, vedi come sono i rapporti quando manca quella mediazione che c’è durante il giorno. A me personalmente fa schifo vedere questa arroganza, questa prepotenza e così ci ho scritto una canzone, forse anche un po’ per esorcizzare. Poi sai di notte in auto siamo nascosti, non ci si vede, vengono fuori i peggiori sentimenti.
E veniamo al pezzo che è un po’ una provocazione: Fica Power. In questa canzone racconti la storia di una donna che usa il suo essere donna appunto come forma di potere, giusto?
No, non è questo. Il testo parla di un uomo che è felicemente soverchiato dal fascino femminile. Il Fica Power è l’enorme potere che le donne esercitano sugli uomini, è la bellezza della vita, i figli nascono per questo motivo, per la bellezza delle donne. Ma c’è una certa categoria di donne che questo potere lo esercita per avere dei vantaggi nel mondo del lavoro.
Tempo fa sei stato protagonista della cronaca perché hai pubblicamente denunciato un uomo che esercitava violenza sulle donne. Io ti ho ammirato perché ti sei esposto in prima persona rischiando una denuncia ed è solo grazie a te se è stata fermata una prassi che andava avanti da troppo tempo indisturbata. Però c’è chi ti ha accusato di aver ‘scippato’ la narrazione degli eventi alle vittime di queste violenze, donne che avrebbero voluto denunciare quanto accaduto in altre sedi e in altri modi, lontano dal clamore mediatico.
Io non ho fatto il nome di nessuna delle importunate e me ne guardo bene, né ho reso pubblico alcunché, anche se sono in possesso di documenti privati, lettere di denuncia fatte dagli avvocati di alcune donne che me le hanno date in visione per dare forza alla mia tesi. Mi sono limitato a dire quello che questa persona ha fatto, era l’ora che qualcuno lo facesse. Adesso questo personaggio è sparito, ha cancellato tutti gli account, quindi si vede che la coscienza tanto pulita non ce l’aveva.
A volte basta solo dirle ad alta voce certe cose per essere tutti e tutte più liberi
Bisogna anche essere disposti a caricarsi un certo peso sulle spalle, perché quello che è successo dopo per me è stato abbastanza pesante, ma sono felice di averlo fatto. La violenza sulle donne è una cosa inaccettabile in un paese civile. Bisogna costruire un tessuto sociale in cui chi la esercita deve essere punito, segnalato e emarginato. Non si può fare finta di niente, perché sennò non siamo più uno stato, siamo una melma, una giungla. Io sono rimasto allibito nello scoprire che molti musicisti lo sapevano ma hanno suonato lo stesso per lui. Io ho rinunciato ai soldi e al concerto, ma non me ne importa niente, su certe cose non ci passo sopra.
DIAFRAMMA
Sabato 26 gennaio
Auditorium Flog
Via Michele Mercati, 24b, Firenze
Apertura 21,30 – Ingresso € 13/10 rid