Il lavoro ai tempi del coronavirus. Mentre la maggioranza si concentra sullo smart working, sulle ferie obbligate e sul calcolo dei giorni residui, ci sono categorie professionali che improvvisamente si scoprono vulnerabili e indifese. Quello della sicurezza sui luoghi di lavoro, prima ancora di essere un obbligo da rispettare, è un dovere. Il principio dell’autoresponsabilità, ora più mai, dovrebbe essere condiviso. Eppure capita che ora, proprio mentre l’Italia si trova a fare i conti con regole e indicazioni chiare e improcrastinabili per il contenimento della pandemia, ci si trovi a fare i conti con il mancato rispetto delle più basilari regole di comportamento per evitare la diffusione del covid-19.
Chi sono i primi a farne le spese? Gli operai, purtroppo. Loro, ancora una volta loro. «Non siamo carne da macello», dicono. «Lavoriamo senza misure di sicurezza, vogliamo restare a casa». Parole che sembrano essere rotolate da un passato ottocentesco in cui la lotta di classe aveva tutt’altri significati. Eppure quelle parole diventano oggi attuali e urgenti. Per il bene loro – e quello di tutti – meritano di essere ascoltate e accolte.
«A due metri di distanza, ma è sciopero». Per due ore gli operai dello stabilimento Gkn di Firenze, che produce componenti per auto, si sono astenuti dal lavoro. «Gli operai non sono carne da macello, anche noi vogliamo restare a casa» si legge sulla pagina facebook del collettivo di fabbrica. «È assolutamente necessario mettere i lavoratori nelle condizioni di sicurezza fornendogli i dispositivi di protezione individuali e garantendo il rispetto delle distanze di sicurezza» ha poi spiegato il segretario generale della Fiom fiorentina, Daniele Calosi. «Qualora ciò non fosse possibile, non è accettabile che a pagare siano i lavoratori. In attesa degli ammortizzatori sociali, le imprese garantiscano la tutela del salario. La salute di chi lavora prima di tutto».
Motivazioni analoghe hanno spinto i lavoratori dello stabilimento Hitachi rail di Pistoia, leader mondiale nel settore dei veicoli ferroviari, a proclamare una settimana di sciopero, fino al 21 marzo. Tutto questo, fanno sapere i sindacati, alla scopo di «permettere la verifica che siano state prese tutte le misure possibili perché si possa lavorare all’interno dello stabilimento rispettando le prescrizioni di sicurezza stabilite dai decreti ministeriali». Sono ovviamente esclusi i lavoratori già collocati in smart working.
Qual è il problema? Il mancato rispetto della distanza di sicurezza in alcuni reparti dello stabilimento (carpenteria, allestimento e collaudo, solo per fare alcuni esempi). Gli operai non chiedono lo stop totale della produzione, ma solo una breve sospensione «per mettere a punto modalità di lavoro a garanzia della salute dei lavoratori». Ma l’azienda, secondo quanto ha raccontato il segretario Fim-Cisl di Toscana Nord, Jury Citera, «ha detto che non è possibile interrompere la produzione perché si fermerebbe un ciclo nazionale». Una risposta ritenuta «inaccettabile». «Non hanno voluto trovare soluzioni migliori per tutelare la salute dei lavoratori». E così è scattato lo sciopero.
Spesso non c’è solo l’inosservanza delle distanze di sicurezza, ma anche la mancanza di protezione. Sono queste le principali denunce degli operai. Del resto l’ultimo decreto ministeriale parla chiaro, ma non tutte le aziende hanno garantito ai propri lavoratori le condizioni necessarie per continuare il lavoro.
Accade anche a Viareggio, dove gli operai dei cantieri navali hanno chiesto di sospendere tutte le attività. Un appello accolto e amplificato anche dal sindaco Giorgio Del Ghingaro. «Ho ricevuto centinaia di segnalazioni da parte di addetti e operai» ha dichiarato Del Ghingaro a NoiTv. «Dicono di essere a stretto contatto l’uno con l’altro, senza le necessarie precauzioni. L’assenza di cautele preoccupa non solo i lavoratori, ma anche le loro famiglie». I cantieri navali Codecasa hanno fermatola produzione, lo stesso ha fatto Perini. «Io resto a casa. Un invito che non vale per tutti» ha detto il sindacalista Nicola Riva (Fiom-Cgil Versilia). «I lavoratori metalmeccanici e gli operai in generale sembrano immuni dal coronavirus. Stiamo chiedendo di bloccare la cantieristica e di attivare gli ammortizzatori sociali. Siamo di fronte a una situazione ingestibile», ha aggiunto. «Addirittura ci sono operai ammalati che continuano ad andare sul posto di lavoro. Se succede qualcosa, la responsabilità sarà delle imprese». Anche in questo caso, se non ci sarà uno stop alla produzione, potrà essere dichiarato lo sciopero.