Dopo Germania, Austria, Finlandia e Cina, oggi le opere, appartenenti alla sezione museo egizio di Firenze tornano nella loro sede. L’esposizione è organizzata in due parti: una dedicata al concetto di sopravvivenza dell’anima e alla mummificazione del corpo del defunto e l’altra incentrata sugli oggetti che accompagnavano il morto nel suo viaggio dopo la vita.
Tra le opere più importanti c’è il sarcofago di Padimut, la statua del sacerdote Henat, una testa mummificata e piccole statue del corredo funebre di Nekhtamontu. Maria Cristina Guidotti, curatrice della sezione egizia del museo archeologico, ha spiegato che con questa mostra «i visitatori vedranno le mummie, che spesso sono la cosa più interessante soprattutto per i bambini, però vedranno anche dal punto di vista scientifico come venivano imbalsamati i corpi degli antichi egiziani e soprattutto capiranno il perché”.
Per Stefano Casciu, direttore del polo museale della Toscana, «questa mostra è molto importante perché valorizza, all’interno del museo archeologico, la sezione del ‘museo egizio’ che ha un’importanza nazionale fondamentale, perché è il secondo museo egizio d’Italia dopo quello di Torino. Solo con i materiali del museo, di cui molti provenienti dai depositi, abbiamo potuto organizzare una mostra di grandissimo valore ed effetto per il pubblico».
Il progetto della mostra è nato nel 2000. Le opere in mostra, selezionate e organizzate per illustrare sotto vari aspetti il rapporto degli antichi Egizi con l’aldilà, annoverano dei pezzi di grande importanza. L’esposizione illustra il concetto egizio della vita dell’anima nell’aldilà e il significato di tutti quegli oggetti che nell’antico Egitto venivano abitualmente deposti nelle tombe insieme al defunto. Per gli antichi egiziani, infatti, la morte non determinava la fine della vita, ma costituiva un momento di passaggio a un’altra forma di esistenza, che continuava nell’aldilà. L’anima però per continuare a vivere aveva bisogno di tutta una serie di accorgimenti e di oggetti che dovevano magicamente consentirle la sopravvivenza oltre la morte e, soprattutto, doveva reincarnarsi nel proprio corpo che, per questo motivo, era conservato al meglio tramite pratiche di imbalsamazione del cadavere che diventava così una mummia.
La collezione del Museo Egizio di Firenze è la seconda in Italia dopo quella del Museo Egizio di Torino. Si è formata soprattutto nel corso del XIX secolo, in seguito alla famosa spedizione franco-toscana di Ippolito Rosellini e di Jean François Champollion.
Nel 1828 partì infatti per l’Egitto la prima spedizione scientifica, il cui scopo principale era la documentazione dei monumenti egizi, e che riportò un notevole quantitativo di reperti molto importante distribuiti tra il Louvre e il Museo di Firenze, cui spettò in particolare il famoso carro rinvenuto in una tomba tebana della XVIII dinastia (1550-1291 a.C.), un esemplare unico al mondo appartenuto a un ricco privato, e i bassorilievi della tomba di Sety I, una delle più belle e riccamente decorate della Valle dei Re.
Il Museo Egizio di Firenze nacque circa trent’anni dopo, nel 1856, presso il convento delle Monache di Foligno, in via Faenza. Nel 1880 il Museo fu trasferito nella sede attuale, insieme al Museo Etrusco e nel 1939 il Museo ricevette in dono dall’Istituto Papirologico di Firenze numerosi reperti provenienti dagli scavi nelle città di El Hibeh (soprattutto sarcofagi) e di Antinoe (fra cui la importante collezione di tessuti copti).
Attualmente le sue collezioni annoverano oltre 15.700 oggetti, che vanno dall’epoca preistorica all’epoca copta, e da 11 sale che sono state rinnovate quattro anni fa, quando a Firenze è stato ospitato l’XI Congresso Internazionale degli Egittologi.