Un ripensamento continuo nella genesi dell’opera, una metologia dovuta forse all’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza, assolutamente inusuale per gli artisti del tempo. È quanto emerge dalla campagna diagnostica sulla Pala di Sant’Ambrogio di Sandro Botticelli con Madonna e Santi. Prova dell‘intenso tormento creativo dell’artista durante la realizzazione della sua prima commissione di rilievo, intorno al 1470, all’età di circa 25 anni.
Il grande dipinto è infatti stato rimaneggiato profondamente dall’artista fino alle fasi più avanzate di realizzazione, con interventi in alcuni casi visibili ancora oggi ad occhio nudo. Personaggi che cambiano posizione; una intera porzione del pavimento sostituita dalla pedana su cui poggia il trono della Vergine, la protagonista dell’opera; dita che scompaiono e persino occhi che, al contrario, appaiono in punti dove non dovrebbero essere, segnalando, evidentemente, modifiche delle posizioni e della postura dei personaggi.
sfoglia la galleryLa scoperta è stata effettuata all’Opificio delle Pietre Dure, dove la tavola si trovava dal 2018 in restauro. Sottoposta ad un’ampia campagna diagnostica, l’opera ha rivelato un numero sorprendente di ripensamenti sostanziali, sia nella fase della pianificazione del disegno, sia nella stesura pittorica, fatto questo, assai insolito per il periodo. La maggior parte di questi cambiamenti sono emersi grazie al confronto fra radiografia e indagini riflettografiche: è stato così possibile visualizzare come Botticelli avesse, ad esempio, cancellato letteralmente un pavimento già strutturato tramite incisioni e dipinto nei dettagli, per sostituirne la parte centrale con una pedana per innalzare la figura della Vergine Maria. Ma non solo: il Bambino, in braccio alla Madonna, durante il processo pittorico, cambia drasticamente posizione, come risulta visibile grazie all’individuazione in riflettografia, della prima impostazione degli occhi, collocati in posizione diversa e ruotata rispetto a quella definitiva, e ad una gamba che muta postura. San Cosma in origine guardava verso l’alto, ma con un ulteriore ripensamento, Botticelli decise successivamente di dare a questo personaggio un altro tipo di atteggiamento e dunque, nella versione ultimata, invece di essere rivolto verso la Vergine, tiene la testa più in basso e guarda verso lo spettatore.
Ci sono infine cambiamenti talmente tardivi, da essere stati eseguiti durante la fase di completamento del dipinto, e quindi impossibili da mascherare del tutto: sono quelli che risultano oggi visibili anche ad occhio nudo. È di nuovo San Cosma a non convincere Botticelli. La sua veste, nella versione precedente, lo collocava spostato all’indietro, verso sinistra, e l’alone del suo diverso collocamento, non del tutto cancellato, è visibile ancora oggi all’osservatore attento. Ancora più macroscopici sono gli interventi sulla Santa Caterina d’Alessandria, raffigurata in piedi all’estrema destra della pala: in questo caso Botticelli le ‘cancella’ letteralmente un pollice (facendolo scomparire sotto un lembo del manto), ma, come per la veste di San Cosma, il ‘fantasma’ del dito si può vedere ancora oggi. Lo stesso, sia pure in modo lievemente meno riconoscibile, avviene per la punta del mignolo della stessa mano, che il pittore fiorentino decise di ‘accorciare’ a dipinto pressoché finito.
Infine, l’elemento senz’altro più curioso: un paio di occhi misteriosi, incisi sulla tavola, individuati a metà altezza della figura della Santa Caterina, nell’area centrale della sua veste. Perché si trovano lì? Risposte certe al momento non ci sono, ma una delle ipotesi è che Botticelli potesse avere inizialmente immaginato la Santa in posizione inginocchiata, ripensandoci però quasi subito e stabilendo invece di rappresentarla in piedi. Gli occhi potrebbero dunque essere il lascito di questa iniziale, poi abbandonata, impostazione. A dimostrarlo, c’è anche la perfetta sovrapponibilità tra le pupille incise sotto la veste con quelle dipinte sul viso di Santa Caterina nella versione finale, verificata concretamente sull’opera dagli stessi specialisti dell’Opificio.
La pala a partire dai prossimi giorni tornerà esposta permanentemente nella sala della Primavera agli Uffizi.