Per molto tempo ignorata e ‘snobbata’ dagli studiosi, tanto da essere allontanata all’inizio del Novecento dalle raccolte di Palazzo Pitti e consegnata in deposito esterno, prima alla Prefettura di Pistoia, poi a Firenze alla caserma Baldissera per arredarne le sedi istituzionali, torna visibile nella sala di Berenice all’interno della Galleria Palatina a Firenze, la copia coeva del capolavoro di Caravaggio esposto alla National Gallery of Ireland di Dublino ‘La cattura di Cristo’. L’opera restaurata è diventata anche protagonista di un libro, curato da Gianni Papi e Maria Sframeli (Sillabe), che ne ricostruisce la storia e racconta i dettagli del suo recupero.
La tela originale, spiegano le Gallerie degli Uffizi, fu eseguita dal Merisi nel 1602 per il nobile romano Ciriaco Mattei: a lungo considerata perduta, in anni recenti è stata riconosciuta da molti nel dipinto oggi esposto alla National Gallery of Ireland. La copia tornata ora a Pitti fu realizzata con tecnica sopraffina da un ignoto contemporaneo del maestro: ora, restaurata e sottoposta a studi di esperti e storici dell’arte, riemerge dall’oblio. Dalle ricerche è stato possibile accertarne la provenienza dal castello lorenese di Commercy da cui, ha svelato la lettura degli inventari, arrivarono molti altri quadri ad arricchire le collezioni granducali fiorentine, primo fra tutti uno dei capolavori di Rubens, ‘I quattro filosofi’ (esposto nella Galleria Palatina) la cui origine era rimasta finora nell’ombra.
“Una nuova prova della grande generosità e del grande amore per Firenze degli Asburgo-Lorena – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – i quali, sia con il trasferimento a Firenze di loro opere di assoluto rilievo dalle loro residenze e anche dalla capitale, Vienna, sia attraverso successive campagne di acquisti d’arte, talvolta di intere raccolte nobiliari, incrementarono il valore degli Uffizi e di Palazzo Pitti in maniera rilevante”.
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