Artista poliedrico, viaggiatore, affascinato dalla gente e dallo scatto in bianco e nero. In mostra una selezione di ritratti di personaggi che hanno lasciato il segno nella Firenze e nell’Italia degli anni Ottanta: Derno li ha saputi immortalare in uno scatto, fermando il tempo con la naturalezza e la maestria che caratterizzano le sue collezioni fotografiche.
Derno Ricci nasce a Sansepolcro nel 1949. Per più di trent’anni ha vissuto a Firenze, base per i suoi frequenti viaggi e reportage in India, Congo, Mali, Afghanistan, Giappone e Stati Uniti. È attratto dal mondo in genere ma soprattutto dalle persone; per questo motivo il suo terreno preferito è il ritratto.
Per due anni è inviato speciale per il mensile “Frigidaire”, per cui pubblica un’importante documentazione sui Pigmei Babinga della Lobaye. Collabora con riviste e case editrici con i suoi tanti reportage dal Mali all’India, dal Congo alla Siria, da Tokyo a New York. È stato uno dei fondatori di “Westuff”. Fotografo ufficiale di Linea Verde su Rai 1 con Sandro Vannucci e GUSTIBUS su Rai 3. Per sei anni gira per un’Italia sconosciuta e fantastica. Pubblica un lavoro a quattro mani con Fosco Maraini. La sua vita professionale si ferma a Il Cairo, dove sceglie di trasferirsi. Lavora con agenzie pubblicitarie e per il cinema e trascorre serenamente gli ultimi anni della sua breve vita.
Ritratti è una delle quattro collezioni principali dell’artista, insieme a Necropolitanie, L’isola delle anime e Animali. Il ritratto rappresenta uno dei temi più significativi dell’attività di Derno Ricci, ritrattista naturalista. La sua passione per il ritratto fotografico si sviluppa grazie al catalogo di una mostra di Irving Penn, allestita a Londra e in seguito a Torino.
Altri maestri di fotografia quali Nadar, maestro indiscusso della fotografia di posa, Richard Avedon e Robert Mapplethorpe sono considerati punti di riferimento per il suo lavoro. Come riportato in una delle sue ultime interviste (“Conversazione con Derno Ricci”, a cura di Stefano Curone), l’artista, come Penn, ricercava, attraverso la posa, qualcosa che unisse chi aveva scattato le fotografie a chi aveva posato, esaltando l’enorme intimità che deve manifestarsi tra le persone ritratte e l’autore.
Derno sosteneva che senza una collaborazione tra chi sta dietro la macchina fotografica e chi sta davanti, non si possa raggiungere qualcosa che contenga sia la bellezza dell’immagine sia la sua specifica anima. Molte delle opere esposte sono state realizzate grazie all’utilizzo di lampade a luce continua e di una fotocamera Mamiya RB67, che ha consentito, grazie al suo dorso girevole, che diventa da orizzontale a verticale, di muovere l’atmosfera, giocando con l’immagine.
Questa collezione mette in luce come questo ritrattista, unico nel suo genere, sia riuscito a fermare, in ogni occasione, l’animo più intimo e segreto delle persone ritratte, regalandoci la possibilità di osservare volti e scatti ancora così moderni, da cui si continuano a cogliere frammenti dell’essenza più profonda di Derno, nonostante il passare degli anni.