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Viaggio nel deserto post-apocalittico della California: il regista Emanuele Mengotti porta a Firenze “West Of Babylonia”

Mercoledì 19 febbraio alle 21 al cinema La Compagnia il regista Emanuele Mengotti presenta “West of Babylonia” un documentario che esplora la vita di una comunità nel deserto californiano, tra la lotta per la sopravvivenza e la ricerca di libertà

Al cinema La Compagnia di Firenze, mercoledì 19 febbraio (ore 21) il regista Emanuele Mengotti presenta “West of Babylonia” un documentario che esplora la vita della comunità di Slab City, nel deserto californiano del Sonora.

Gli “Slabber” sono persone che hanno deciso di vivere senza né acqua, né elettricità, né legge, in una condizione quasi “post-apocalittica”, in cambio della loro libertà ed una seconda possibilità nella vita.

Vivono in un insieme di camper, roulotte, tende ed edifici senza fondamenta costruiti ai confini con una base militare dove vengono testati ordigni esplosivi, in una situazione che a molti ricorderà “Nomadland” il film di Chloé Zhao vincitore di ben tre premi Oscar.

Le strade sono sterrate e la popolazione oscilla tra le 400 persone nel periodo estivo e le 4.000 in quello invernale.  Gli Slabber sono giovani e anziani, hippy e neo nazisti, fuorilegge ed artisti, tutti accomunati dalla voglia di essere liberi e di non dover rispondere alle regole della società americana da loro chiamata appunto “Babylonia”.

Emanuele Mengotti

Ecco la nostra intervista a Emanuele Mengotti

“West of Babylonia racconta una storia di libertà, quella più assoluta, che solo gli americani sembrano riuscire a trovare – ci ha raccontato il regista Emanuele Mengotti –  Una libertà che a volte può essere pericolosa, senza vincoli né protezione, quasi primordiale e selvaggia. Il film è ambientato in una comunità che ha scelto di allontanarsi dalla società per vivere nel deserto del Sonora, senza acqua corrente né elettricità, alla ricerca di una seconda opportunità. È un film che parla di frontiera, non solo geografica, ma anche umana. Ho incontrato questa storia perché nelle grandi città americane faticavo a trovare quell’ “America” che conosciamo dai film e dalla letteratura, quel mondo selvaggio e poetico. Così, ho deciso di spostare il mio sguardo verso i margini.

West of Babylonia racconta una storia di libertà, quella più assoluta, che solo gli americani sembrano riuscire a trovare. Una libertà che a volte può essere pericolosa, senza vincoli né protezione, quasi primordiale e selvaggia

Quanto tempo hai girato e in quali condizioni? È stato faticoso?

Io e il direttore della fotografia, Marco Tomaselli, abbiamo vissuto a Slab City in più riprese, distribuite su diversi anni. Non saprei quantificare i giorni esatti, ma direi che sono stati circa un mese in totale. Le condizioni sono state difficili sotto molti aspetti. Girare nel deserto, lontano dalla civiltà, è una sfida. La mancanza di elettricità, soprattutto, è una grande limitazione per una crew ridotta che usa attrezzature cinematografiche. A livello di sicurezza, non è mai stato facile. La maggior parte degli abitanti ci ha accolto bene, ma questa zona non è sempre sicura e in alcune situazioni abbiamo percepito il pericolo.

Qual è il personaggio o la storia che ti ha impressionato di più mentre giravi?

Sono molte le storie e i personaggi che ci hanno colpito e che ci sono rimasti dentro. Sicuramente, una grande connessione l’abbiamo avuta con il poeta che guida lo spettatore attraverso il film. Il ragazzo che si faceva chiamare Driftwood è una persona molto sensibile, e con le sue parole è riuscito a incantare prima noi e ora lo spettatore. Non possiamo dimenticare Smiley, un bambino che vive in una piccola roulotte nel deserto, accanto al camper della madre. Abbiamo trascorso diversi giorni con lui e ci ha accompagnato nel suo mondo, fatto di fantasia e giochi, ma con uno spazio anche per l’attualità: il bambino è ben consapevole di chi sia Donald Trump e di cosa potrebbero comportare le sue azioni (il film è stato girato tra il 2018 e il 2019, durante la prima presidenza di Trump).

West of Babylonia

West of Babylonia: il rifiuto della società americana

Perché queste persone decidono di vivere ai margini della società? È una ribellione oppure una necessità?

Ogni personaggio ha il suo background che ha portato a questa rottura con la società. C’è chi decide di staccarsi completamente da una società con cui non si sente più in sintonia, e chi, per motivi economici o relazionali, non può fare parte della società americana. Queste persone rifuggono la società, ma, paradossalmente, se si osserva con attenzione, si può notare che sono anche desiderose di tornarne parte. In fondo, rappresentano lo spirito americano nella sua forma più profonda.

Cosa ti ha insegnato questo documentario? 

Questo documentario mi ha aperto gli occhi su un nuovo modo di concepire il cinema del reale, sull’importanza di cogliere il momento magico nella realtà e di portarlo sullo schermo. Mi ha anche regalato molti momenti di connessione umana, sia con i protagonisti del film che con le persone incontrate durante le proiezioni. È stato un percorso importante che mi ha dato tanto, e sono felice di poterlo continuare, condividendo il mio punto di vista e quello di tutti coloro che hanno lavorato al film.

A parte la serata a Firenze, dove è possibile vedere il documentario?

La serata a Firenze sarà un evento speciale per noi. Avremo un ospite incredibile, Maurizio Lombardi, che preparerà gli spettatori con una lettura di una poesia di Walt Whitman. L’evento sarà moderato dalla giornalista Laura Della Corte. Con me ci saranno anche il compositore Paolo Cognetti e il direttore della fotografia Marco Tomaselli. Il film è disponibile anche sulla piattaforma ZaLabview per lo streaming. Potete trovarlo al link: www.zalabview.org/films/west-of-babylonia.

Informazioni sull’evento:

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