Il Maestro Jaume Santonja torna a dirigere l’Orchestra della Toscana con il virtuosismo travolgente del Concerto per violino di Čajkovskij, interpretato dal maestro canadese Kerson Leong.
È tra i concerti più travolgenti del repertorio per violino, si tratta del Concerto op. 35 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, una composizione del 1878 di inventiva melodica generosissima, sgargiante nell’orchestrazione, pervasa da capo a fondo di lirismo intenso e che per giunta contiene passi tra i più difficili e spettacolari del violinismo ottocentesco, cosicché offre al solista parecchie occasioni per mettere in mostra le sue capacità tecniche.
Eppure non ebbe vita facile al principio: piacque a metà a Nadežda von Meck, protettrice di Čajkovskij e sua confidente epistolare, a cui il Concerto era stato inviato in anteprima; dispiacque completamente a Leopold Auer, l’amico violinista sul quale Čajkovskij contava per la prima esecuzione e che invece si rifiutò di suonarlo perché gli pareva una fatica improba; non lo prese in carico neanche Josif I. Kotek, giovane allievo di Čajkovskij che pure ne era stato l’ispiratore e gliel’aveva eseguito privatamente.
Fu Adolf Brodskij a darne la première a Vienna nel 1881, stroncata dalla stampa: contro vi si accanì soprattutto l’illustre critico Eduard Hanslick, rimasto celebre come paladino di Brahms e spietato detrattore di Wagner e Bruckner, a cui il finale del Concerto sollecitò l’immagine di una “baldoria brutale e indecente di una festa popolare russa”, nella quale “l’aria è impregnata di acquavite”.
Chiamato a confrontarsi con il virtuosismo entusiasmante di questa partitura è il canadese Kerson Leong, che il “Toronto Star” ha descritto “non solo come il più grande violinista del Canada, ma come uno dei più grandi violinisti in assoluto”: “una miscela di spontaneità e maestria, eleganza, fantasia, intensità, che rende riconoscibile il suo suono dalla prima nota”, secondo il quotidiano francese “Le Monde”.
Segue un altro classico dell’Ottocento, la quarta Sinfonia di Franz Schubert, detta Tragica. Partitura del 1816, il compositore diciannovenne l’aveva concepita come saggio scolastico per un’orchestra non professionale. In pubblico fu eseguita soltanto vent’anni dopo la morte dell’autore, nel 1849. Il nomignolo di Tragica si deve a Schubert stesso, ed è legato all’introduzione lenta che apre il primo movimento; dopodiché la sinfonia si rasserena completamente.
Ad aprire il programma della serata è però un pezzo nuovo commissionato dall’ORT alla compositrice Annachiara Gedda, artista dall’estesa carriera internazionale. Il brano si intitola Voci senza voce ed esplora tematiche legate alla comunicazione, alla libertà di espressione, all’identità, all’eloquenza che può essere espressa anche col silenzio. Un tema decisamente attuale.
Dopo il debutto a Piombino lunedì 20 gennaio, il concerto sarà replicato a La Spezia il 21 gennaio, al Teatro Verdi di Firenze il 22 gennaio e a Figline Valdarno il 23 gennaio.