Se è vero che la musica non si può incasellare con i numeri è altrettanto vero che i numeri aiutano a comprendere la portata di una carriera lunga oltre 50 anni. Quindici milioni di dischi venduti, tour in ogni parte del globo, otto festival di Sanremo, 14 dischi d’oro in Italia e la lista potrebbe allungarsi. La carriera è quella di Giampiero Anelli, in arte Drupi.
“Vado via”, “Piccola e fragile”, “Sereno è”, “Regalami un sorriso” sono tra i suoi pezzi più amati, nei quali la sua voce graffiante e sincera è l’impronta stilistica del cantautore, quello che ha portato la sua musica in tutto il mondo ma che è rimasto sempre nella sua Pavia, la sua città, la provincia, le radici che l’hanno sempre ben tenuto con i piedi saldi, a terra.
Un artista autentico Drupi, uno che ha scelto la libertà in campo professionale fondando insieme alla moglie Dorina un’etichetta discografica indipendente per rimanere fedele a se stesso.
Lo raggiungo al telefono, in vista del concerto in Toscana il prossimo 28 febbraio 2025. Una lunga chiacchierata tra ricordi, emozioni e un’analisi, amara, del panorama musicale contemporaneo in Italia.
Sarai al Verdi di Montecatini con uno spettacolo che porta il tuo nome e che vede la regia di Enzo Iacchetti. Come nasce il vostro sodalizio artistico?
Enzo è venuto a vedermi a teatro a Milano e poi a fine serata mi ha detto: “Le tue canzoni sono straordinarie ma lato regia dobbiamo fare qualcosa di meglio”. Così adesso stiamo lavorando insieme, sul palco porteremo anche dei piccoli monologhi, sarà una cosa molto bella.
Oltre 50 anni di carriera, come sei riuscito a tenere insieme successo e libertà musicale?
Sono riuscito ad essere coerente quasi sempre, libero di fare la musica che volevo. Tutto sommato la mia è stata una carriera regolare, consona alle mie esigenze e alla mia dignità.
Per rimanere fedele a te stesso testo hai anche deciso di fondare un’etichetta discografica…
E’ chiaro che andare contro i grandi poteri è stata una follia ma ho pensato che fosse la cosa giusta. Quando si apre un’etichetta e l’unico artista sei tu non è che puoi fare tanti soldi. E’ stata una scelta di libertà, per poter decidere come e quando uscire con i dischi e quali fare, soprattutto.
A febbraio ti esibirai a Montecatini, qual è il ricordo più bello legato alla Toscana?
Sono legatissimo a Prato perché per tanti anni una o due volte la settimana andavo a trovare un mio amico nella sua tenuta per imparare ad andare a cavallo. Così quando parlo di Toscana mi vengono in mente quei giorni, i cavalli, le bistecche che mangiavo (ride, n.d.r), le canzoni che cantavo. Prato mi è rimasta nel cuore.
La tua voce è un graffio, il tuo stile è essenziale. Oggi l’essenzialità, secondo te, è un valore da ritrovare e da riscoprire anche nel mondo della musica?
Sta diventando quasi tutta apparenza. Prima era importante trovare un bel pezzo, una grande canzone. Adesso il primo passo è pensare ad un bel look, un bel personaggio. Poi solo dopo si trova la canzone e questo non mi fa impazzire. Inizierei a fare un po’ di marcia indietro, a far sì che la musica torni ad essere musica, non solo spettacolo. Sarebbe bello togliere un po’ di paillettes, lustrini, luci e ricominciare a scrivere canzoni che rimangono.
Nel 1973 partecipi al festival di Sanremo con Vado via. La canzone si classifica ultima, ma come sempre a Sanremo è quasi una fortuna arrivare ai ultimi, no?
Mi chiamarono per fare il provino di “Vado via”, un pezzo che però non era per me ma per Mia Martini
Pensa che avevo 27 anni e avevo deciso di smettere. Avevo detto basta con la musica nei night e nelle balere, quelle cose non mi interessavano. Preferivo continuare suonando per divertimento a casa, con gli amici. E proprio mentre stavo pensando a tutto questo mi chiamarono per fare il provino di “Vado via”, un pezzo che però non era per me ma per Mia Martini. L’autore mi aveva contattato perché mi conosceva e mi chiese: “Canteresti questa canzone? Devo presentarla a Mimì, che deve fare Sanremo”. Poi lei decise di non partecipare e toccò a me salire sul palco: 9 milioni di dischi in un anno e mezzo.
Invece dal Sanremo di Carlo Conti cosa ti aspetti?
Carlo ha sempre fatto dei bei Sanremo, sempre molto equilibrato, ha sempre scelto canzoni che erano canzoni. Spero che sia così anche questa volta.
Dei giovani, delle nuove leve della musica italiana, chi ti piace? C’è qualcuno?
Gabbani ha avuto sempre molta fantasia, scrive dei pezzi straordinari, delle canzoni vere
Gabbani. Ha avuto sempre molta fantasia, scrive dei pezzi straordinari, delle canzoni vere. Oltre a lui non mi viene in mente nessuno, ho anche un po’ un rifiuto, le canzoni oggi hanno lo stesso tempo, lo stesso ritmo. È un peccato perché tecnicamente i giovani sono tutti molto bravi, cantano bene, sono le canzoni però che non mi piacciono più.
Oltre alla musica cosa c’è all’orizzonte?
Pensa che ho fatto anche un film come protagonista, che credo uscirà il 1° di gennaio, una produzione indipendente, tutti i ragazzi giovani che sono usciti dall’Accademia. L’unico vecchietto ero io e mi sono divertito in maniera incredibile. E’ stata un’esperienza fantastica.
Riguardo alle grandi passioni della tua vita, da una parte c’è la musica e dall’altro c’è la pesca. Cosa ti hanno insegnato entrambe?
La pesca invece mi regala riflessioni, silenzio, quella natura che stiamo perdendo l’abitudine di ascoltare
La musica mi ha fatto vedere il mondo. Prima facevo l’idraulico e probabilmente l’avrei continuato a fare per tutta la vita. Un lavoro che amavo, che mi piaceva tantissimo ma è stata la musica a darmi tutto. La pesca invece mi regala riflessioni, silenzio, quella natura che stiamo perdendo l’abitudine di ascoltare. Quando pesco sento la pace, il rumore del fiume. Sono sensazioni incredibili.
Prendendo a prestito il tuo primo successo, appunto “Vado via”. Da cosa ti allontaneresti oggi, cosa non ti piace?
Ci sono tante cose che non mi piacciono, per esempio un certo modo di fare politica, per partito preso, per dei tornaconti ma quasi mai per il popolo. Andrei via dalla violenza che ci sta sovrastando in un modo incredibile. Scapperei da tante cose, sopratutto dalla brutta musica.
E invece, tre cose da salvare nel mondo di oggi?
I giovani, la pesca, i fiumi. Insomma, ci sono ancora cose belle da salvare nel mondo, per fortuna. Salverei la buona musica, Bollani, Ray Charles.
“Regalami un sorriso” è uno dei tuoi pezzi più amati. Ecco, cosa riesce a regalarti oggi un sorriso?
Il sorriso è una roba fantastica, è la prima porta per diventare amici o per far scattare un’empatia che poi ti fa star bene con una persona. E’ un passaporto, perché se vai in giro per il mondo magari puoi non conoscere bene le lingue ma basta comunque un sorriso per aprire tutte le porte.
La dignità, l’indipendenza, l’autenticità: Drupi non solo ha scritto una parte di storia della musica italiana ma l’ha fatto rimanendo fedele a se stesso, all’etica, a quei valori che da Pavia l’hanno portato sui più grandi palcoscenici di tutto il mondo. E poi c’è il rispetto, quello che sente di dovere a questo mestiere, quello di chi compone e canta mettendo al centro le canzoni, quelle che “rimangono”. In fondo il vero successo di un pezzo non è quello del momento, magari “drogato” dal sistema, ma quello del lungo periodo consacrato dal rendere una bella canzone un “pezzo eterno”. E lui ci è riuscito.