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Tre nuove sale agli Uffizi raccontano l’arte di Andrea Del Sarto, Fra Bartolomeo e gli artisti del primo ‘500

Al secondo piano della Galleria, intorno al capolavoro La Madonna delle Arpie, una selezione di oltre 20 dipinti tratteggia la maestria poliedrica della scuola toscana che aprì la strada alla ‘maniera moderna’, al genio di Raffaello e alla fase più matura del Rinascimento

Alla fine del terzo corridoio, al secondo piano della Galleria degli Uffizi a Firenze, è stato inaugurato il riallestimento di tre nuove sale con 25 opere per raccontare l’arte di Andrea del Sarto, Fra Bartolomeo e la cerchia di pittori attivi nel capoluogo toscano nel primo ventennio del Cinquecento.

Sono artisti che hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo, oltre i confini della Toscana, della così detta “Maniera moderna”, cioè la fase più matura del Rinascimento.

Andrea del Sarto è stato il massimo protagonista della scena fiorentina del secondo e terzo decennio del secolo, fino alla morte, avvenuta nel 1530.

Fra Bartolomeo è stato una figura di passaggio tra la cultura fiorentina di tardo Quattrocento, rappresentata dai fratelli Ghirlandaio, da Piero di Cosimo, da Botticelli e da Perugino, e le proposte dei più giovani e brillanti ingegni di Michelangelo e Raffaello.

Con la sua profonda spiritualità e la monumentalità classica delle composizioni, Fra Bartolomeo fece da apripista al giovane Raffaello Sanzio, che arrivò giovanissimo nel 1503 a Firenze.

Il frate fu a capo di una importante bottega nel convento di San Marco, la cui sua influenza arrivò fino a oltre la metà del secolo anche grazie alla conservazione e alla trasmissione dei modelli grafici del maestro alle generazioni successive.

Il direttore degli Uffizi Simone Verde ha dichiarato: “Queste tre nuove sale permettono di contestualizzare le sale Leonardo, Michelangelo e Raffaello al secondo piano della Galleria, ricostruendo la ricchezza e la vivacità della pittura fiorentina del primo ventennio del Cinquecento, per mostrare plasticamente quanto l’eccelso esempio di da Vinci, Buonarroti e Sanzio abbia ispirato e guidato nel loro esercizio creativo e stilistico gli artisti toscani agli albori del Sedicesimo secolo. Quelli esposti negli spazi inaugurati oggi sono tutti veri e propri maestri, capaci di esprimere, ciascuno secondo la propria personalità, un ingegno pittorico notevolissimo, oltre che di fondamentale importanza per la storia dell’arte”.

Simone Verde davanti alla Madonna delle Arpie

Le nuove sale

Nella prima sala è stata collocata la Visione di San Bernardo, eseguita nei primissimi anni del Cinquecento, in dialogo con la Visitazione di Mariotto Albertinelli (1503).

Mariotto fu il pittore con il quale fra Bartolomeo condivise la bottega per molti anni prima di prendere i voti e che come lui amava le composizioni solenni e quiete, caratterizzate da semplicità, schiettezza espressiva, paesaggi ampi e luminosi.

in un colpo d’occhio la ricchezza numerica e qualitativa che Firenze seppe esprimere attraverso i molti artisti che si mossero in quel ventennio

La stanza successiva è dedicata interamente ad Andrea Del Sarto. Qui sono raccolte le sue opere di grandi dimensioni, destinate originariamente ad altari di chiese e confraternite, che illustrano le fasi dell’attività del pittore.

Protagonista assoluta della sala è la monumentale Madonna delle Arpie. Datata 1517, la tavola è un capolavoro di equilibrio stilistico, di perfezione formale, armonia dei colori. Proveniente dalla chiesa di San Francesco dei Macci a Firenze, fa comprendere cosa intendesse Giorgio Vasari quando nelle sue ‘Vite’ dei pittori parla del Sarto come del ‘pittore senza errori’.

L’ultima sala, alla fine del terzo corridoio, è concepita per raccontare il variegato panorama artistico della città nei primi due decenni del secolo.

Sono esposte opere di Franciabigio, grande amico di Andrea del Sarto, col quale collaborò in più occasioni (gli affreschi del Chiostrino dei Voti alla Santissima Annunziata e quelli del Chiostro dello Scalzo), e che rappresenta una sensibilità più introspettiva ed un tono più domestico e quotidiano della pittura. Di Franciabigio è di nuovo esposta, dopo sei anni di assenza, la Pala di San Giobbe, datata 1516 e proveniente dalla cappella della Compagnia di San Giobbe presso la Santissima Annunziata.

Accanto vi si possono ammirare i lavori Alonso Berruguete, uno dei pittori spagnoli venuti in Italia intorno al 1508 per studiare le opere di Michelangelo e Raffaello (nonché i reperti della Roma antica), del senese Domenico Beccafumi e di Domenico Puligo.

La curatrice della Pittura del Cinquecento Anna Bisceglia ha aggiunto: “In questo allestimento abbiamo inteso restituire, in un solo colpo d’occhio, e in una sequenza organica, quale ricchezza numerica e qualitativa Firenze seppe esprimere attraverso i molti artisti che si mossero in quel ventennio così straordinario sul fronte artistico. Abbiamo spiegato come nei primissimi anni del secolo Fra Bartolomeo abbia saputo dare una dimensione più monumentale e classica alla tradizione precedente, e come Andrea del Sarto abbia colto quell’esempio e quello di Michelangelo, Raffaello e Leonardo per la sua pittura perfetta ed equilibrata, tale che Vasari lo definì ‘il pittore senza errori’. Ciascuno proponendo una visione personale nella rappresentazione della figura umana, delle emozioni, del sacro, o delle storie antiche”.

La Camera Borgherini

Tra le novità del nuovo allestimento ha poi particolare rilievo la scelta di riunire insieme quattro pannelli che facevano parte della Camera Borgherini, cioè un ciclo di pitture progettate per servire da decorazione agli arredi e alle pareti di una stanza da letto matrimoniale allestita nel palazzo della famiglia Borgherini, potenti banchieri fiorentini.

Di questo insieme, al quale lavorarono Andrea del Sarto, Pontormo, Francesco Granacci ed altri e che comprendeva letto, spalliere, seggiole, cassoni, sopravvivono oggi quindici tavole di diverse dimensioni, suddivise tra National Gallery di Londra, Galleria Borghese di Roma, Galleria degli Uffizi e Galleria Palatina.

Da oggi i dipinti degli Uffizi e della Palatina tornano insieme per mostrarne, sia pur solo in parte, l’aspetto complessivo originario, oltre che per esaltarne l’importanza nella pittura fiorentina del tempo.

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