Venerdì 18 ottobre arriva in concerto in sala Vanni a Firenze all’interno della rassegna A Jazz Supreme di Musicus Concentus uno dei musicisti più interessanti della scena sperimentale italiana: Ze in The Clouds.
Giuseppe Vitale (in arte Ze in The Clouds) è un polistrumentista e produttore di base a Milano, attivo dall’età di 15 anni, periodo in cui ha iniziato a suonare in tantissimi locali e festival come Umbria Jazz, Edinburgh Jazz Festival, Montreux Jazz Festival, Time in Jazz, Torino Jazz Festival, Miami Fest, Estate Sforzesca Milano.
È stato in tournée sia come sideman con artisti del calibro di MEG, LNDFK, sia come Ze in the Clouds, aprendo i concerti di Thundercat, Anderson Paak e PJ Morton.
Jazz:Re:Found, affascinato dal suo stile inimitabile, ha deciso di premiare il suo genio inaugurando il catalogo della nuova etichetta “Time is The Enemy” con il suo album di debutto MAGICAL.
Negli ultimi anni ha iniziato a lavorare maggiormente sulla produzione e sulla composizione del proprio linguaggio unico, collaborando anche con artisti italiani come Mistaman, LNDFK e Willie Peyote.
Il suo ultimo lavoro è Oportet 475, album di musica classica-contemporanea-avanguardia jazz, uscito per l’etichetta Tuk Music di Paolo Fresu nel 2023.
Ecco la nostra intervista a Ze in The Clouds
Ciao Giuseppe, hai cominciato giovanissimo, com’è nata la tua passione per la musica?
Mio padre era musicista, mi ha educato da piccolo e poi quando ho iniziato a 14 anni ero abbastanza cosciente di quello che volevo fare “da grande”.
La mia è musica sommersa fatta senza scopo di lucro. Mi sono focalizzato sulla ricerca artistica più che sulla monetizzazione, è un privilegio per me e in Italia non è scontato
Quindi a 14 anni sapevi già che nella vita volevi fare il musicista?
In realtà anche da prima, solo che a 14 anni ho iniziato a studiare tanto, in modo ossessivo.
Tantissime influenze nella tua musica, quali sono gli artisti che per te sono stati fondamentali?
Sicuramente i Beatles, Stevie Wonder, tutta la classica europea e la black music.
È difficile dare una definizione alla tua musica e forse non c’è neanche bisogno di darla, ma se dovessi usare un aggettivo per descriverla che aggettivo sarebbe?
Direi forse ” di ricerca”, perché fin’ora la mia musica è stata una ricerca contro il mercato, alla riscoperta della tradizione.
Che cosa vuol dire per te essere “contro il mercato”?
Semplicemente non farne parte, non lavorare per il mondo musicale di oggi che è un mondo fatto di soldi. La mia è musica sommersa fatta senza scopo di lucro. Fino ad ora mi sono focalizzato sulla ricerca artistica più che sulla monetizzazione, è un privilegio per me e in Italia non è scontato.
Il tuo primo disco si intitolava “Magical”, bel titolo, cos’è la magia per te?
Ai tempi di Magical era qualcosa che cercavo di intercettare nell’arte e nella musica. Cercavo qualcosa che facesse vibrare, che desse idea di qualcosa di magico. Quanto è onirico un cartone Disney per un bambino? Io cercavo lo stesso effetto, volevo ricordare emozioni che già abbiamo tutti dentro di noi, ma che non sono ben definibili.
Quando componi pensi a chi ti ascolterà oppure non ti interessa?
Fino a Oportet 475 è stato così. Da Oportet 475 in poi è diventato un discorso di ricerca e divulgazione di cose che stanno scomparendo. Quindi non ho pensato a chi ascoltasse, volevo solo che il mio lavoro arrivasse a più gente possibile. Credo sia sbagliato focalizzarsi su cosa penserà chi ascolta, anche se è inevitabile.
A Firenze cosa ci farai ascoltare?
Eseguirò per la prima e forse unica volta Oportet 475, perché non è facile come disco. Non è adatto alla maggior parte dei luoghi dove suono in Italia, come i club o posti per i giovani. La sala Vanni secondo me è perfetta essendo un disco che riassume il lascito europeo dal Rinascimento in poi. Penso che sia l’unica possibilità per me di dare vita a Oportet 475 in un contesto adeguato.
In apertura Giuditta Franco & Francesco Bordignon
Nato all’Accademia Siena Jazz, il duo è formato da Giuditta Franco, cantante trevigiana formatasi in Italia e all’estero, e dal contrabbassista e compositore vicentino Francesco Bordignon, entrambi vincitori del Premio Bettinardi 2024.
L’intimità e il calore della formazione riflettono un mondo di immagini sonore che trovano le proprie radici sull’improvvisazione e sulla ricerca di melodie, attraverso una sonorità prettamente acustica.
Il connubio tra la scelta di brani originali e non, porta alla condivisione di un percorso sonoro il cui obiettivo è la ricerca di essenzialità, espressività e unione timbrica dei due strumenti.