È una delle più grandi scoperte di nuovi testi di tragedia del secolo: cento nuovi versi del tragediografo greco Euripide, vissuto nel V secolo a.C., sono emersi da un papiro rinvenuto nella necropoli egiziana di Filadelfia nel 2022, a un centinaio di chilometri a sud del Cairo. Appartengono alle tragedie andate perdute Polyidos e Ino e ha contribuito ad interpretare i vari passi anche il professore di letteratura greca alla Scuola Normale di Pisa, Luigi Battezzato.
Euripide scrisse circa 90 tragedie, di cui solo 17 sopravvissute. Nel novembre 2022, l’archeologo egiziano Basem Gehad guida una nuova spedizione di scavo nel sito e scopre una tomba da cui dissotterra un papiro. Yvona Trnka-Amrhein, professore associato di classici presso l’Università del Colorado Boulder, ha identificato il testo come il Poliido di Euripide e dopo aver coinvolto il collega John Gibert viene stabilito che il papiro conteneva anche l’Ino di Euripide. Lo scorso giugno, quando la loro prima edizione del papiro era in fase di pubblicazione, i professori hanno convocato un team di esperti presso il Center for Hellenic Studies di Washington per approfondire i testi.
Il lavoro del team internazionale di esperti
Molti partecipanti hanno fornito contributi importanti alla comprensione del nuovo testo, tra cui il professore della Normale. “Si tratta della più grande scoperta di nuovi testi di tragedia da un secolo e più”, scrive Luigi Battezzato in un intervento su Il Sole 24 ore presentando il ritrovamento. Il testo del papiro è stato pubblicato sulla rivista Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik nel mese di agosto.
La tragedia, ricostruita in maniera più completa grazie ai franmmenti ritrovati, racconta della morte del bambino del re Minosse, figlio di Zeus. Disperato chiede di farlo resuscitare da un indivino, ma non è possibile sovvertire la legge della natura. La furia di Minosse si scaglia contro l’indovino che viene seppellito nella tomba e qui trova un’erba magica che ridona la vita al bambino.
“Il papiro di Euripide, prima di venire gettato nella tomba egiziana, è stato tagliato in modo che restassero solo queste due colonne di scrittura della tragedia – scrive il professor Battezzato sulla Domenica de Il Sole 24 ore – Non sapremo mai se è stato messo come ricordo, come meditazione sull’inevitabilità della morte. Ma è stato trovato insieme a un altro foglio: una ricevuta di semi per le piante del tempio. Forse chi ha scelto questi versi di Euripide non voleva pensare all’immortalità. Ma pensava al ciclo della vita: tutto ciò che la natura produce, deve nascere e morire. Come suo figlio, come le piante del tempio che torneranno a vivere, anche mentre il figlio giace nella tomba”.