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Una mostra racconta la storia dell’atelier di pittura dell’ospedale neuropsichiatrico di Arezzo

Fino al 27 ottobre 2024 sono esposte nell’Atrio d’onore del Palazzo della Provincia e Galleria Ricasoli di Arezzo le opere dei pazienti testimonianza del progetto pionieristico nato negli anni ’50 da un’idea del dottor Furio Martini

Nel 1958 il dottor Furio Martini ebbe l’idea pionieristica di aprire un atelier di pittura destinato ai pazienti dell’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo: una sperimentazione clinica e psicoterapeutica all’avanguardia nell’Italia di quegli anni.

Martini coinvolse come “maestro” l’amico Franco Villoresi, pittore affermato sulla scena romana che da poco si era trasferito nella campagna aretina.

L’atelier di pittura dell’ospedale aretino si pone come un laboratorio psicoterapeutico d’avanguardia, che ha confronti solo con gli analoghi spazi aperti negli Ospedali di Imola (1952) e Verona (1957).

All’interno dei laboratori si utilizzavano le attività artistiche come mezzo preventivo, terapeutico, riabilitativo e di mantenimento del benessere psico-fisico dei malati di mente.

In breve tempo, tuttavia, l’arte dei pazienti divenne una forma riconosciuta di espressione creativa valida e autonoma.

In occasione del centenario della nascita di Franco Basaglia, l’Università di Siena, con la collaborazione della Provincia di Arezzo, organizza la mostra “Arte ai margini. Livio Poggesi e l’atelier di pittura dell’ospedale psichiatrico di Arezzo, 1958-1978”, per riportare alla luce una pagina importante non solo della storia cittadina, ma ancor più della storia degli approcci innovativi nel campo della terapia psichiatrica italiana.

La mostra: oltre 80 opere tra cui spicca Livio Poggesi

La mostra ricostruisce la vicenda ventennale dell’atelier, sulla base della documentazione e delle molte opere realizzate dai pazienti attualmente conservate nell’archivio dell’Università di Siena.

Alle opere conservate dall’Ateneo, attraverso una paziente ricerca, numerose altre se ne sono aggiunte, generosamente messe a disposizione per la mostra dagli eredi dei ricoverati e da collezionisti privati.

Le oltre ottanta opere in mostra sono state create da pazienti disinteressati al mercato e spesso indifferenti alla altrui comprensione e approvazione, opere nate probabilmente con un unico destinatario: il suo autore nel momento in cui le realizzava.

Tra le diverse personalità di “artisti ai margini” di cui è stato possibile ricostruire il profilo, spicca quella di Livio Poggesi, alla cui produzione, stupefacente per qualità e inventiva, è dedicata una ricca sezione monografica a chiusura della mostra.

I dipinti di Livio Poggesi riflettono i turbamenti emozionali e sentimentali della sua vita: sogni, ricordi, angosce e visioni.

Opere libere da ogni eredità formale e da ogni influenza culturale e stilistica; creazioni che vanno oltre le consuetudini e i modelli prestabiliti e che superano i confini della critica, ma che reclamano forte la loro appartenenza all’universo dell’arte.

Spiegano i curatori, Luca Quattrocchi e Paolo Torriti: “Si tratta di un archivio che deve avere un ruolo di memoria attiva, di sollecitazione alla condivisione civica e alla consapevolezza critica della confluenza di storia collettiva e storie private, anche, e forse a maggior ragione, quelle storie dolorose vissute all’interno degli ospedali psichiatrici e dei manicomi. La mostra è anche un omaggio all’impegno di quei medici che fecero dell’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo un laboratorio sperimentale di terapie alternative, in una stagione propedeutica al superamento della reclusione manicomiale e alla chiusura degli istituti psichiatrici: e non è certo un caso che questa mostra si tenga nel centenario della nascita di Franco Basaglia”.

L’esposizione è visitabile ad ingresso gratuito fino al 27 ottobre, dal giovedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 18, presso l’Atrio d’onore del Palazzo della Provincia e la Galleria Ricasoli (via Ricasoli, 34, Arezzo).

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