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Archivio Diari, il premio Tutino giornalista alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

A trent’anni dalla loro uccisione a Mogadiscio, la rassegna vuole ricordare e manetenere viva l’attenzione su quanto accaduto “nella speranza che un giorno non lontano sia possibile ascoltare parole di verità”. Il premio Città del diario è stato assegnato al regista Giorgio Diritti

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Il premio Tutino giornalista è stato assegnato alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, a trent’anni dalla loro morte. Una decisione che connota fortemente la quarantesima edizione del Premio Pieve. Come spiega l’Archivio diaristico nazionale il riconoscimento vuole “contribuire a tenere viva l’attenzione sul tragico episodio accaduto il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia, nella speranza che un giorno non lontano sia possibile ascoltare parole di verità su quanto avvenne”. Il premio Città del diario è stato invece assegnato al regista Giorgio Diritti “per lo spessore del suo impegno civile e per l’incessante attenzione che dedica alle storie marginali”.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, trent’anni fa l’omicidio

Alpi e Hrovatin sono un “esempio altissimo di vocazione giornalistica, animato da valori e da una passione che dobbiamo continuare a raccontare alle nuove generazioni”, è la motivazione della giuria del premio. In programma, il prossimo 13 settembre, un incontro dedicato ai due giornalisti:  con Hassan Ahmed, uno degli autori del progetto Dimmi-Diari multimediali migranti, il giornalista Maurizio Mannoni, lo storico e africanista Alessandro Triulzi, Francesco Cavalli, produttore televisivo, e Walter Verini, senatore ed ex presidente della Commissione giustizia del Senato, da sempre vicini alla famiglia Alpi. Sarà presente Gloria Argelés.

“A distanza di molti anni – spiegano gli organizzatori del Premio -sappiamo che Ilaria e Miran erano a Mogadisciò per seguire il ritiro delle truppe statunitensi da un Paese lacerato da anni di guerra civile, per conto della Rai. Sappiamo anche che stavano indagando in parallelo su un presunto traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici che, con la copertura della missione umanitaria, avrebbe coinvolto anche società italiane. Ma dopo la raffica di kalashnikov è calata una nebbia fitta sulle circostanze e sui mandanti del loro omicidio.  Una nebbia fatta di depistaggi, ritardi nelle indagini, coinvolgimento di innocenti come Hashi Ali Assan, poi scagionato e scarcerato in seguito a una revisione del processo determinata da una inchiesta di Chiara Cazzaniga per la trasmissione “Chi l’ha visto?”. È in corso una lunga e controversa vicenda giudiziaria, per questo ancora oggi la battaglia e l’impegno sono quelli per dare nuovo impulso alle indagini su cause e depistaggi del duplice omicidio”.

Il premio Città del Diario a Giorgio Diritti

Giorgio Diritti riceverà invece il 15 settembre il premio Città del Diario, riconoscimento che tradizionalmente va agli artisti che più si distinguono per il loro lavoro sulla memoria. “Per lo spessore del suo impegno civile e per l’incessante attenzione che dedica alle storie marginali”, è la motivazione.

Il cinema di Giorgio Diritti, spiega la giuria, “affronta grandi temi dal valore universale, dall’identità culturale al disagio psichico, dalla libertà di espressione alla memoria, all’infanzia. Al contempo, il suo sguardo attento si è sempre posato sulle vicende degli oppressi, sulla natura delle comunità più circoscritte, fin dall’esordio con “Il vento fa il suo giro” e il successivo “L’uomo che verrà”, ricostruzione storica dell’eccidio di Marzabotto raccontato attraverso la visione corale di una comunità agricola. E nel 2023 “Lubo”, la sua ultima opera che pone al centro il dramma di una minoranza nomade, gli Jenisch, protagonisti loro malgrado di una buia pagina di storia contemporanea che ha avuto per sfondo la democratica Svizzera”.

Giorgio Diritti

 

“Nella vicenda di Lubo c’è anche qualcosa di autobiografico –  ha raccontato Diritti – perché è vero che io sono di Bologna ma i miei genitori erano istriani e hanno subito, come altri miei parenti, la fuga forzata dal loro Paese per motivi etnici. Ricordo, quindi, che la comunità degli jenisch, cui fa parte il protagonista, ha subito una persecuzione simile a quella degli ebrei, dei Rom e dei sinti negli anni del nazismo, persino in un paese ritenuto civile e neutrale come la Svizzera”.

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