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Nel 1944 il nonno nazista ordinò l’eccidio di San Polo in Chianti, la nipote oggi chiede scusa: l’abbraccio con i parenti delle vittime

Laura Ewert, giornalista tedesca, ho scoperta la verità da poco e ha scelto di partecipare alle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario dell’eccidio e ricordare le 65 vittime. Il presidente del Consiglio regionale, Mazzeo: “Essere qui è una scelta coraggiosa e partigiana”

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Qualche settimana fa Laura Ewert, giornalista tedesca, ha scoperto che suo nonno fu l’ufficiale che guidò la strage nazifascista di Polo in Chianti il 14 luglio 1944. In lacrime ha chiesto scusa e promesso di prendere parte alle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario e così è stato. Domenica è arrivata da Berlino in Toscana, sulle colline di Arezzo, e ha incontrato i parenti delle vittime e dei superstiti. Un incontro carico di significato e di emozioni sciolte in un unico grande abbraccio.

Commossa, si è inginocchiata davanti al cippo che ricorda le 65 vittime della strage nazista. Ha partecipato alla messa celebrata dal parroco don Natale Gabrielli. Dopo la deposizione di un mazzo di fiori alla lapide che a Villa Gigliosi ricorda le vittime, Laura ha abbracciato Alessia Donati, nipote di una sopravvissuta: “Per me è l’ora dell’ascolto, dalle testimonianze e dagli incontri voglio capire perché tutto ciò successe – ha detto Laura – Perchè mio nonno dette ordine di sparare. Viviamo tempi difficili, con guerre in corso e questo dimostra che non siamo del tutto fuori dal pericolo dal fatto che certi momenti possano essere vissuti nuovamente”.

Con lei anche un rappresetante dell’ambasciata tedesca e Udo Gumpel, giornalista e studioso di stragi nazifasciste: “È una delle rare volte in cui il discendente di un nazista chiede scusa e questo è il valore del gesto di Laura”, ha sottolineato. Anche il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo, si è soffermato sull’importanza del gesto: “In un periodo in cui, in tutta Europa, assistiamo purtroppo a tanti, troppi tentativi di cancellare la memoria e a rigurgiti di stampo fascista, la sua presenza in Toscana ha oggi un valore doppio – spiega Mazzeo – Non solo dire con forza che non si può e non si deve dimenticare, ma dire con chiarezza dove e di chi furono le responsabilità e le colpe di quel drammatico periodo. È una scelta coraggiosa, una scelta partigiana, tutt’altro che facile e tutt’altro che scontata”.

La strage

Il 14 luglio del 1944 gli uomini del 274º reggimento granatieri della 94ª Divisione di fanteria, comandato dal tenente colonnello Wolf Ewert, e da un reparto della 305ª divisione di fanteria, guidata dal generale Hauck, rastrellarono decine di persone e diedero alle fiamme le abitazioni. Si incamminarono poi con i prigionieri, uccidendo quelli che via via si trovavano in difficoltà nella marcia: una donna incinta, dei bambini, anche un neonato, e degli anziani.

Arezzo fu liberata due giorni dopo, il 16 luglio, solo all’indomani si poté procedere alla riesumazione dei corpi e al loro trasporto al cimitero per dare alle vittime innocenti una degna sepoltura.

Laura Ewert, giornalista e nipote del tenente colonnello che guidò quel massacro, è venuta a conoscenza della storia solo qualche settimana fa e ha deciso di essere presente per incontrare i parenti delle vittime e dei testimoni e chiedere scusa a nome di suo nonno per quanto accaduto.

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