Si intitola FLARE (bagliore) il nuovo lavoro discografico di Emanuela Ligarò, artista italiana che scrive e produce musica elettronica con il nome d’arte GOLD MASS.
Emanuela è laureata in fisica, specialista in acustica sperimentale, crea e cura la propria produzione sonora in completa autonomia, affiancando alla conoscenza tecnica, un gusto musicale raffinato.
FLARE è il disco più politico dell’artista e la riconferma di un’identità forte e chiaramente definita, fuori dagli schemi.
Nella sua musica si trovano influenze di artisti quali FKA Twigs, Howling, James Blake, Sevdaliza e Tricky, le quali arricchiscono e impreziosiscono un suono mai banale.
Ecco la nostra intervista a Emanuela Ligarò
Ciao Emanuela il tuo nuovo si intitola “Flare” bagliore, come mai questo titolo?
Flare è per me una sensazione di luce forte che rimanda a quella che può essere intesa come una seconda nascita. Ogni volta che viene alla luce qualcuno la nascita è collegata alla luce, un bagliore che appare. Per me questo è un bel periodo specialmente da quando ho iniziato a fare scelte che mi rappresentano di più, non a livello artistico, intendo proprio nella vita. Tutto è cominciato quando ho iniziato ad assecondare quello che era la mia indole, e la mia idea etica di tante cose. Mi sento rinata e molto più luminosa di prima. Flare è l’augurio che faccio a tutti di riuscire a capire qual è la propria idea di felicità e il proprio modo di stare al mondo e assecondarlo nel rispetto degli altri. È l’augurio di una seconda nascita, questa volta del tutto consapevole e una scelta unicamente propria. Spesso ci troviamo intrappolati in situazione che non ci rappresentano, il mio è un augurio a liberarsi dai falsi vincoli.
Flare è l’augurio che faccio a tutti di riuscire a capire qual è la propria idea di felicità e il proprio modo di stare al mondo e assecondarlo nel rispetto degli altri
Non vorrei entrare troppo nel personale, ci sono stati cambiamenti importanti nella tua vita?
È un modo di stare al mondo, io penso che bisogna vivere con consapevolezza tutto quello che ci circonda, sia a livello politico, che etico e relazionale. Bisogna comportarsi in un modo che sia buono per noi e per gli altri. Quando inizi a fare scelte di questo tipo sei in pace con te stesso. C’è una spinta fortissima oggi a fare scelte molto individualistiche, per affermare il proprio io. Questa cosa non mi rappresenta ed è solo frustrante.
Nell’album affronti temi nuovi rispetto al passato, per esempio in “Earth” parli del rispetto del pianeta terra, mentre in “Social slave” affronti la schiavitù dei social network che bene o male siamo tutti costretti ad usare, a maggior ragione se sei un musicista
Sì esatto. Earth è un omaggio al nostro pianeta che è l’unica cosa che abbiamo, non nel senso possessivo del termine, ma è l’unica realtà che conosciamo e che abitiamo. C’è una narrativa diffusa che è quella che ci indica come colpevoli della situazione di crisi ambientale che stiamo vivendo, dell’inquinamento e del cambiamento climatico. Chiaramente la presenza dell’uomo è la causa di tutto questo, però non possiamo chiudere gli occhi su quali sono le cause che ci hanno portato a questo. Non è una persona con le sue scelte che può cambiare qualcosa. È il frutto di una ricerca del profitto senza scrupoli delle grandi Multinazionali, che ci ha portato a questo. Multinazionali che hanno guadagnato da questo stato di cose e che stanno pagando meno gli effetti nocivi di tutto ciò. La sensibilizzazione del cittadino in modo che faccia una buona raccolta differenziata, che abbia comportamenti consapevoli non basta, è un modo di deresponsabilizzare chi ha avuto l’opportunità di decidere cosa fare. C’è un modo di dire: occuparsi di tematiche ambientali senza una conoscenza di politica è un mero giardinaggio, è proprio quello che volevo dire nel pezzo.
Social Slave allo stesso modo è una lettura di quello che è la nostra realtà. L’anno scorso sono andata spesso a Milano e sono rimasta impressionata dal fatto che nella Metro non c’è una sola persona che non guardi lo schermo del cellulare. Che informazioni passano sullo schermo? Siamo costantemente triggerati da questo tipo di socialità, al punto che se entrasse nella Metro un alieno non te ne accorgeresti. Questa è una forma di schivitù, se ce l’avessero importa molti di noi non l’avrebbero accettata, ma dato che è nata come benefit tutti lo abbiamo accolto. Bisogna riflettere su queste cose che sembrano oggi ineliminabili, ma qualche anno fa non esistevano.
So che fai tutto da sola, all’insegna del “do it yourself”, registri, mixi, volevo chiederti se anche per Flare hai fatto così
Sì, faccio da me, più cose fai da sola più sai fare e più sei indipendente. Questo è un bene sia perché è sempre faticoso per un artista conservare i diritti sulle proprie creazioni. Se lavori da solo resti fedelissimo a quella che era la tua idea, non devi discutere, trovare compromessi, con soluzioni di comodo o più conformi a quello che è richiesto. Io chiedo una mano ad altri artisti sul lato tecnico, il mix e il master di questo disco è stato curato da Stefano Piddughinu un Dj di base a Milano, tostissimo professionalmente ma anche creativo. Ho trovato la collaborazione con lui super positiva e penso che la continuerò anche in futuro. Per la parte visuale ho cercato un’artista che ho trovato in Svizzera, una fotografa super brava che scatta solo in analogico, molto emotivo il suo modo di lavorare. Sono andata fin lassù perché era perfetta per la mia idea. Non lavoro esclusivamente da sola, mi interfaccio con altri artisti quando il loro lavoro ha già qualcosa che fa parte della mia identità, è come un riconoscersi reciproco.
Negli ultimi anni hai suonato in Italia, ma spesso anche all’estero, noti una differenza nel pubblico?
In realtà faccio con fatica delle differenze sulle persone a livello geografico. C’è un pubblico in Italia che adora la musica elettronica e adora scoprire proposte artistiche che non fanno parte del Mainstream, c’è un pubblico attentissimo a queste cose in Italia come all’estero. C’è anche un pubblico più cafone e poco rispettoso di un’esibizione sia all’estero che in Italia. Alla fine non è dove nasciamo che ci rende belli o brutti, è un percorso che uno fa. Io penso solo che magari all’estero ci sia più possibilità e più diversificazione d’ascolto. Una persona in Inghilterra o in Germania è, come ascoltatore, esposto a più tipologie di generi musicali. Un musicista d’altro canto ha più fasce di possibilità di carriera, da un artista mainstream a un artista emergente, ci sono più slot disponibili. In Italia se per un periodo va un certo tipo di cantautorato o musica si tende a polarizzare le line up dei festival o gli slot nella comunicazione. Sono pochi quelli che offrono spazi non alla domanda principale.
Il disco è uscito il 1° marzo, quando e dove potremo venire a sentirti suonare?
Le date devono ancora uscire, da un anno sto lavorando con DNA Concerti ma so già che sarò in concerto a Firenze l’11 maggio al Progresso. Ma le date saranno concentrate in estate un po’ in Italia e un po’ all’estero. La prima è il 15 marzo a Roma al Palazzo delle Esposizioni. Suonare è una delle parti più belle che fai del percorso. Lavori a un disco, scrivi, pubblichi e poi vai in giro, il ciclo è sempre lo stesso.
Mi sembri una creatura molto solitaria ma paradossalmente ami la dimensione live…
Si tantissimo, amo il live e sono molto solitaria, ma non è una cosa poco comune. Molti artisti sono piuttosto introversi e poi hanno una buona riuscita sul palco e nel cercare il contatto con gli altri, proprio perché sono stati a lungo per i fatti proprio, è una cosa molto più comune di quello che possa sembrare. Lo stesso Vasco per esempio è una persona molto timida, ma poi è un animale da palcoscenico.