Giù le mani dal termine “Montepulciano” per indicare i vitigni utilizzati al di fuori dei confini regionali abruzzesi. Il Consorzio del Vino Nobile non ci sta a utilizzare il sinonimo “Cordisco”. Una presa di posizione che viene ben motivata non solo su basi storiche, oltre 700 gli anni di attività vinicola in Toscana, e per ragioni territoriali.
L’intervento del consorzio arriva a distanza di un mese e mezzo dal provvedimento preso dal Ministero dell’agricoltura, sovranità alimentare e delle foreste con cui è stato introdotto il sinonimo Cordisco per la varietà Montepulciano.
L’uso esclusivo del termine Montepulciano
Questa misura renderebbe esclusivo ai soli produttori abruzzesi l’utilizzo di “Montepulciano” nell’etichetta. Le altre regioni che utilizzano il vitigno Montepulciano dovrebbero riportare in etichetta il sinonimo “Cordisco”.
Una scelta che per il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano non va nella direzione seguita dall’Europa negli ultimi decenni. In Italia, ricorda il consorzio, il sistema DOP IGP ha investito sulla territorialità dei prodotti.
Quando si parla di vini la sigla “Denominazione di origine protetta” si riferisce chiaramente alla zona di produzione. Ecco perché, a giudizio del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, la strada più legittima non è l’utilizzo del sinonimo Cordisco ma una denominazione per, sull’esempio di quanto avviene per la quasi totalità delle denominazioni italiane e non solo, legare i vini a base di uve Montepulciano al territorio di produzione e non al vitigno.
“Ancora una volta si rischia di creare confusione nel consumatore, soprattutto nei mercati esteri, dove già è complicato indicare la provenienza delle tante denominazioni italiani e internazionali, l’omonimia del termine è sicuramente un elemento che non può essere non considerato dagli uffici di competenza del Masaf” chiarisce il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.
La battaglia del Cordisco non è una novità nel mondo vinicolo nazionale. Già a fine anni Novanta il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano aveva rivolto un appello all’Europa contro la possibilità di indicare il vitigno in etichetta.
Il ricorso alla Ue, l’impegno con la Regione
Un ricorso poi ritirato a fronte dell’apertura di un tavolo di confronto. Il risultato di quella trattativa fu nel 2012 un accordo sottoscritto dal Ministero delle Politiche Agricole allora guidato dal Ministro Mario Catania, e le Regioni di riferimento. Documento di “collaborazione” che sul fronte abruzzese è rimasto lettera morta o quasi.
Il Consorzio del Vino Nobile Di Montepulciano in questi anni ha portato avanti un percorso con la Regione Toscana fino alla modifica del Disciplinare di produzione nel 2021 con l’obbligatorietà di inserire in etichetta “Toscana”, proprio per venire meno alla confusione di mercato che si crea tra le nomenclature.
Montepulciano, un vino con 700 anni di storia
Montepulciano vanta una lunghissima tradizione in termini di tutela della produzione vinicola. Già in uno statuto del 1337, oggi consultabile nella Biblioteca Comunale di Montepulciano, veniva regolamentata la produzione locale e si offrivano tutele precise ai produttori di Montepulciano soprattutto per i prodotti d’importazione.
Un provvedimento ante litteram contro la concorrenza sleale. Il resto lo fa una storia produttiva di quasi 700 anni. Il 1 luglio 1980 il Nobile è divenuto il primo vino in Italia a potersi fregiare delle fascette della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). Oggi è tra i vini più prestigiosi del mondo.
Poggia su queste basi la volontà di tutelare la produzione del vino toscano in fase di commercializzazione. Uno dei claim più fortunati del Nobile non a caso recita “E’ la storia che fa la differenza”.