Doveva essere una serata di sport e di grandi emozioni, ma trentotto anni fa, il 29 maggio del 1985, nello stadio Heysel di Bruxelles si consumava una delle più gravi tragedie del panorama sportivo, non solo italiano, proprio a pochi minuti dal fischio di inizio della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. A causa degli scontri sugli spalti 39 persone non fecero più ritorno a casa e più di 600 rimasero ferite.
In occasione dell’anniversario di quella tragedia, oggi al Museo del Calcio si è tenuto un incontro per tenere vivo il ricordo di quanto avvenne, alla presenza anche dei ragazzi e delle ragazze di tre scuole superiori per coinvolgere le nuove generazioni su un argomento così drammatico.
“La cultura del ricordo e della memoria – sottolinea il presidente federale, Gabriele Gravina – è l’unico antidoto al dolore e il modo migliore per continuare ad onorare le vittime della tragedia dell’Heysel, che rappresenta, ancora oggi, una ferita aperta per il mondo del calcio. Lo sport che più amiamo è gioia ed emozione, non può e non deve essere occasione di lutto e di sofferenza”.
“Il dovere del Museo del Calcio è di ricordare e di mantenere il ricordo su quella tragedia” ha commentato in apertura il presidente della Fondazione Museo del Calcio, Matteo Marani, che poi ha continuato: “Nella storia dello sport, purtroppo, non ci sono solo le pagine belle, ma anche le tragedie e tra queste quella dell’Heysel è una delle pagine più nere del calcio italiano”.
Davanti alla giovane platea, che in un composto silenzio ascoltava il drammatico racconto di quella giornata belga, sono intervenuti anche il presidente dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel, Andrea Lorentini; il direttore del Centro Tecnico Federale di Coverciano, Maurizio Francini, e l’ex difensore della Juventus, che prese parte a quella sfida, Sergio Brio, oltre al giornalista e scrittore Francesco Caremani, che ha indagato a lungo sulla “strage” dell’Heysel, come ha tenuto a sottolineare con una parola ricca di significati.
Il racconto e i commenti dei presenti si sono alternati mentre accanto al bancone degli oratori era esposta la maglia azzurra numero 39, ritirata in occasione del trentesimo anniversario della tragedia, quando nel 2015 la Nazionale italiana è andata in Belgio per un’amichevole, proprio in quello stadio teatro degli scontri e che oggi è intitolato a ‘Re Baldovino’.
“Era per me doveroso essere qui oggi” ha commentato Sergio Brio e Andrea Lorentini ha sottolineato come “Il Museo del Calcio sia il luogo migliore per ospitare un evento del genere. Con la nostra associazione portiamo avanti la memoria, senza che sia fine a sé stessa”. Maurizio Francini, anche in qualità di ex stadium manager della Fiorentina, ha parlato invece degli aspetti di gestione durante un evento sportivo, ricordando come purtroppo “nel 1985 non c’era l’organizzazione che abbiamo oggi per la sicurezza negli stadi”.