“L’utilizzo dei beni confiscati è uno strumento prezioso per il contrasto alle mafie e per costruire una cultura della legalità. Ma occorre lavorare per rendere questo strumento più efficace riducendo i tempi che occorrono per mettere a disposizione delle comunità quei beni illegittimamente sottratti“. La proposta arriva direttamente dall’assessore alla cultura della legalità della Regione Toscana Stefano Ciuoffo, intervenendo al meeting nazionale su beni confiscati a Napoli.
L’assessore è intervenuto alla tavola rotonda ‘Quale ruolo per le Regioni?‘ insieme ai colleghi di varie altre regioni italiane. “Fra un mese – ha affermato Ciuoffo – celebreremo il trentesimo anniversario della strage dei Georgofili avvenuta a Firenze nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993. Allora la domanda fu: cosa ci fa la mafia in Toscana? Quel processo e quella lettura è andata avanti da allora e ci siamo sempre più resi conto che il campo d’azione delle mafie non ha confini e penetra anche nelle nostre regioni. Oggi anche la nostra è una terra dove vengono investiti capitali mafiosi“.
“Di fronte a questa situazione – ha aggiunto Ciuffo – l’idea di colpire nel patrimonio la criminalità organizzata è validissima, sia per riaffermare la presenza e la preminenza dello Stato rispetto a qualunque deviazione criminale, sia come passo decisivo per rafforzare la cultura della legalità”.
Ciuoffo ha sottolineato che “come Regione crediamo molto nella necessità di recuperare immobili e terreni al fine di restituirli alle comunità locali, dando così una risposta alle diverse esigenze di carattere sociale. Abbiamo individuato 5,5 milioni di euro nel bilancio regionale che serviranno a questo scopo e che utilizzeremo soprattutto per sostenere e accompagnare i comuni che non hanno risorse e strumenti di progettazione per farsi carico dell’affidamento di quei beni”.
L’assessore ha parlato anche dei tempi per entrare nella piena disponibilità del bene confiscato: “Mediamente – ha concluso – ci vogliono nove anni e mezzo, e questo nonostante l’ottimo lavoro che svolge l’Agenzia preposta. Ma è un iter lastricato di controlli, di passaggi, di mille rigidità che rendono estremamente complicato mettere a disposizione delle nostre comunità quel bene“.