La sonda Juice è in viaggio verso Giove e le sue lune ghiacciate, per scoprire e studiare le possibili forme di vita che si celano negli oceani sotto le calotte. Gli occhi di questa super navicella sono toscani, nati negli stabilimenti Leonardo di Campi Bisenzio, a pochi chilometri da Firenze: un telescopio potentissimo – Janus – per fotografare e restituire immagini ad altissima risoluzione per il monitoraggio dell’atmosfera, e uno spettrometro – Majis – che funzione come un laboratorio spaziale per analisi chimico -fisico.
Due strumenti di altissima tecnologia che fanno parte di una dotazione da record: è il più grande carico di telerilevamento geofisico mai lanciato in orbita.
Il lancio il 14 aprile e un viaggio che durerà 8 anni
La sonda Juice – JUpiter ICy moons Explorer, – è stata lanciata in orbita venerdì 14 aprile alle 14:14 dal Centro spaziale europeo a Kourou, nella Guiana francese, a bordo di un razzo Ariane5. È così iniziata la missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) verso la scoperta di Giove e del suo sistema lunare.
La sonda impiegherà otto anni per raggiungere l’enorme pianeta gassoso che dista dalla Terra circa 700 milioni di chilometri. Juice resterà poi in orbita attorno a Giove e le sue tre lune – Ganimede, Europa e Callisto – per studiarne l’atmosfera e le condizioni di formazione dei pianeti e soprattutto la genesi della vita. L’arrivo della sonda su Giove è previsto per luglio 2031. Dal 2034, entrando nell’orbita di Callisto, sarà il primo satellite artificiale a orbitare intorno alla luna di un altro pianeta.
Intanto, arrivano già le prime, straordinarie, immagini dallo spazio.
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La telecamera all’avanguardia realizzata a Campi Bisenzio
Nello stabilimento Leonardo di Campi Bisenzio, in collaborazione con l’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), è stata realizzata la camera ad alta risoluzione “Janus” per il monitoraggio dell’atmosfera di Giove e per la ricerca di ambienti ritenuti in grado di ospitare forme di vita. Ha una risoluzione altissima: per intendersi, è in grado di osservare una pallina da tennis da un chilometro di distanza.
Janus ha una ruota con 13 filtri di colori diversi e ognuno di questi permetterà al super-occhio di rilevare concentrazioni di elementi chimici diversi. Ad esempio: il rosso per il metano e il giallo per il sodio. Per mantenere le ottiche di Janus immobili e garantire la qualità delle immagini nonostante le sollecitazioni del lancio e gli sbalzi termici, il design meccanico e termico è stato sviluppato per limitare le deformazioni con valori inferiori a un decimo dello spessore di un capello, rendendo la telecamera praticamente indeformabile. Leonardo è responsabile industriale dell’intero strumento con il contributo di sottosistemi da Dlr di Berlino, Cisc-Iaa di Granada e Cei-Open University di Milton Keynes.
“Siamo orgogliosi di contribuire insieme all’Agenzia Spaziale Italiana e al mondo accademico a questa missione europea per studiare Giove e le sue lune”, ha commentato Francesco Rizzi, responsabile del business Spazio & Optronica di Leonardo. “Sono proprio missioni come Juice che spingono lontano le frontiere della tecnologia e della conoscenza umana e incoraggiano i giovani a raccogliere le nuove sfide dello spazio”.
Il laboratorio volante a -180°C
Per lo strumento “Majis” (Moons and Jupiter Imaging Spectrometer) – di responsabilità francese, ma realizzato con un accordo bilaterale tra Asi e Cnes – Leonardo ha realizzato a Campi Bisenzio la testa ottica iperspettrale per osservare e caratterizzare nubi, ghiaccio e minerali sulle superfici delle tre lune. Si tratta di una specie di laboratorio volante delle dimensioni di un comodino per analisi chimico-fisiche da qualche migliaio di chilometri di distanza. Majis è raffreddato fino a -180°C da una speciale coppia di radiatori che permette di “catturare” il freddo dello spazio profondo, senza alcun consumo energetico.
Altra caratteristica di Juice sono i suoi pannelli solari per fornire l’energia necessaria alla sonda e a tutti gli strumenti a bordo. Sono i più grandi mai realizzati per una missione interplanetaria. Realizzati nello stabilimento di Leonardo a Nerviano (Milano), hanno una superficie di 85 metri quadrati e un totale di circa 24.000 celle per fornire la potenza elettrica necessaria a una distanza di oltre 750 milioni di chilometri dal Sole.