Nel 1545 Cosimo I duca di Firenze commissiona a Jacopo Carucci detto il Pontormo la decorazione della Cappella Maggiore della chiesa di San Lorenzo con storie tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento.
Il Pontormo spese gli ultimi undici anni della sua vita nella decorazione del Coro di San Lorenzo in Firenze, lasciando la più alta e completa testimonianza della sua arte.
Il 1° gennaio 1557 l’artista morì lasciando la sua ultima testimonianza spirituale incompiuta che sarà completata dal suo devoto allievo e unico vero amico Bronzino per essere definitivamente inaugurata il 23 luglio 1558.
Gli affreschi bollati di eterodossia dalla censura post Concilio di Trento vennero criticati aspramente dal Vasari e abbandonati in un progressivo degrado fino alla totale distruzione nel 1738 a causa di lavori di ristrutturazione voluti dall’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de’ Medici.
A distanza di quasi cinque secoli un artista contemporaneo Alessandro Vannini si è cimentato con un’altrettanto titanica impresa, ricostruire a partire dal disegni del Pontormo tutto il ciclo pittorico perduto.
Il recupero dell’inesistente: il lavoro di Alessandro Vannini
La ricostruzione delle pitture da parte di Alessandro Vannini, esposta fino al 15 aprile nello spazio Carlo Azeglio Ciampi a Firenze, è stata eseguita filologicamente sulla base dei disegni autografi del Pontormo, conservati presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.
“Da sempre ho cercato di esorcizzare il rammarico per questa perdita, la più grave del nostro Cinquecento, con delle mie ricostruzioni, fatte in privato e in gran parte anch’esse distrutte, fatte utilizzando alcuni schizzi originali del Pontormo e un piccolo numero di copie posteriori, che ci danno una ben pallida idea dell’intero complesso. Ma soltanto all’arrivo del nuovo Millennio, ho deciso di esporre i miei dipinti sull’argomento, redatti con intento filologico grazie al contatto con illustri personalità esperte in materia. Devo allo storico dell’arte Massimo Pivetti questo passo in avanti. La mia ricerca, che si può ben definire ossessione continua, con il ritmo di sempre, facendo e disfacendo, non potendo mai arrivare, lo si capirà, a un risultato soddisfacente.”
L’artista ha suddiviso il lavoro in due parti. La prima illustra l’aspetto che dovevano avere quelle pitture, tecnica olio e resina su tele, dunque a colori, per simulare l’aspetto del muro corroso dal tempo.
La seconda consiste in carte di grande formato, bianco e nero. “Tali fogli rappresentano anch’essi l’affresco, ma anche dell’altro, – ha dichiarato l’artista – una specie di reportage “fotografico” immaginario sui due cantieri che furono eretti in quello stesso luogo: il primo per fare l’affresco dal 1545 al 1556 ed il secondo per distruggerlo nell’autunno del 1738. Dunque, tre sezioni: l’affresco si fa – l’affresco si distrugge – l’affresco si “ricupera“.”
“Ci volevano il talento del pittore Alessandro Vannini e la tenace determinazione di Massimo Pivetti, perché la memoria e il rimpianto diventassero visibili figure. Sulla scorta dei disegni originali conservati al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe e quindi dentro un binario di impeccabile filologia, Alessandro Vannini ha ricostruito la nostra inquietante Sistina fiorentina. Il risultato è di straordinaria suggestione. Si capisce che una antica passione, un rovello intellettuale paziente e tenace hanno legato negli anni il talento del pittore, la sapienza del filologo, i saperi del mestiere, all’opera da ritrovare o da evocare. Chi mai volesse conferma di quanto siano ancora vivi a Firenze, nel genio dei suoi cittadini migliori, la coscienza e il rimpianto del passato, non ne troverebbe di migliori” ha dichiarato lo storico dell’arte Antonio Paolucci.
“La mostra ospitata in questa occasione nelle sale espositive del palazzo del Consiglio regionale della Toscana ha un valore tutto particolare. Alessandro Vannini, che ringrazio per il grande lavoro compiuto, prima ancora di ricerca storica e poi di realizzazione artistica, ha ridato vita a un ciclo di opere perdute del grande pittore toscano del Cinquecento Jacopo Carucci, detto il Pontormo. La vicenda degli affreschi del Coro della Chiesa di San Lorenzo, il luogo celebrativo dei successi e delle glorie della famiglia che con Cosimo I stava consolidando definitivamente il suo potere su Firenze e sulla Toscana, è una vicenda che incrocia la storia dell’arte, la storia politica e la storia religiosa di quel secolo. Alessandro Vannini ha saputo recuperare quella vicenda riconsegnandocela nelle fasi che ha dovuto attraversare. E’ straordinario vedere oggi rinascere dal pennello di Alessandro Vannini quei capolavori che il giudizio della storia aveva preteso di cancellare. Ai nostri occhi ci appaiono con una forza di modernità e di bellezza che sembra impossibile riconoscere in opere che sono state concepite dalla mente di un artista quasi cinquecento anni fa.” ha dichiarato Antonio Mazzeo Presidente del Consiglio regionale della Toscana.
Nato a Firenze, il pittore Alessandro Vannini ha iniziato a esporre nel 1973 con la serie “Lontananze”, in cui evidenzia le proprie idee sulla pittura di paesaggio.
La sua prima personale è del 1978. Dal 1990 si dedica a ricerche sulla memoria che portano alle opere della serie “Variazioni sulla Battaglia di San Romano di Paolo Uccello”.
Tra il 2003 e il 2006, in collaborazione con Massimo Pivetti, si dedica alla ricostruzione filologica de “I perduti affreschi del Pontormo in San Lorenzo”.
Profondo conoscitore dei grandi maestri del Rinascimento e attratto dalla pittura a tema storico, la sua ricerca sulla memoria prosegue con diverse serie, tra cui “La passeggiata di Leonardo”, “Storie di Gesuiti”, “Variazioni sul Mosè di Michelangelo”, il “Caso Savonarola”.
Tra le sue recenti mostre si segnala “Le Battaglie” (marzo 2023) alla Soffitta di Colonnata di Sesto, di grande impatto scenico.