Arriva per la prima volta in Italia l’artista di origini cubane Enrique Martínez Celaya che esporrà a Firenze una decina di sculture e due pitture.
Dal 31 marzo al 29 maggio il museo Marino Marini presenta la mostra ‘Guardare e aspettare: Enrique Martínez Celaya. Sculture Selezionate 2005-2023’.
L’esposizione a cura di Giorgio Verzotti crea un dialogo tra le sculture di Martínez Celaya e le opere di Marino Marini.
Formatosi come pittore, in oltre trent’anni di pratica artistica, l’artista ha sperimentato anche la scultura, la fotografia, il video e la scrittura.
Il suo linguaggio figurativo affonda le radici nella natura, partendo da immagini comuni e familiari come alberi, fiori, fiumi, cieli, mare, ma anche animali e figure umane.
L’iniziale semplicità di questo immaginario, però, lascia presto il posto ad elementi stranianti, un’esperienza più profonda, opaca e instabile, che si cela immediatamente sotto la superficie.
Nei lavori esposti a Firenze le immagini tremolanti dei suoi dipinti diventano oggetti concreti in bronzo, cemento, cera o legno.
“Per l’artista – dice il curatore Giorgio Verzotti – ogni sua opera, pittura o scultura che sia, è il frammento di una narrazione che non viene mai esplicata; è il testimone di un evento, trascorso oppure ancora in atto, che l’osservatore è chiamato a interpretare, superando l’impressione di estraneità e di resistenza che l’opera stessa sembra a prima vista opporre. Guardare e aspettare dunque non è solo il titolo della mostra, ma anche l’indicazione di un auspicato atteggiamento: che l’osservazione si prenda cioè tutto il tempo necessario perché l’opera possa alla fine rendersi esplicita, da ermetica che è, e la narrazione svolgersi, sia pure per passaggi enigmatici”.
In mostra, tra le altre opere, due figure bianche in cemento unite in un abbraccio e la statua in bronzo dipinto di bianco di un ragazzo che sta sollevando un braccio, ma indossa veri calzoni di tela.
Due opere spiccano per complessità strutturale: da un lato un cervo sta appeso dentro una struttura metallica tramite fili di ferro, e sul suo corpo in fiberglass bianco leggiamo scritta a mano una frase di Eliot che parla della precarietà dell’esistenza, dall’altro, una vera uccelliera metallica ospita la statua di un ragazzo dall’aria contrita e lo sguardo volto a terra e, solo avvicinandoci, scopriamo che anch’esso è costruito come un’uccelliera.
“Sono onorato di essere qui – ha detto l’artista – non ho mai lavorato in un museo con così tanta storia ed è una grande occasione per me. Sono molto felice di aver portato qui il mio lavoro e di averlo contestualizzato negli spazi del museo Marino Marini”.