Una rete completamente biodegradabile che aiuta la riforestazione delle talee di posidonia oceanica sul fondo del mare ed è stata posizionata sui fondali dell‘Isola d’Elba. È il progetto innovativo per aiutare la riforestazione subacquea frutto di una ricerca congiunta tra Asa, Acquario di Livorno e Università di Pisa, che ha visto nel tempo aggregarsi Ispra, l’Università di Siena e l’azienda tessile di alta moda Coatyarn nella produzione del tessuto con cui è stata fatta la rete di pascimento della pianta. Infatti grazie a un processo biochimico la posidonia, terminata la sua funzione di trattenimento delle talee, diventa nutrimento per i funghi e batteri naturalmente presenti sui fondali marini.
Ieri all’Acquario di Livorno è stato presentato “The Roots of the Sea”, un video che illustra come sono stati realizzati questi impianti di riforestazione ecosostenibile di praterie di posidonia oceanica all’Elba. Il video è stato al centro della conferenza, occasione di incontro e confronto sui temi ambientali marini e su alcune tematiche all’ordine del giorno come la siccità, l’emergenza idrica e la desalinizzazione.
Il progetto per salvare le praterie di posidonia
Ma come nasce questo progetto? Da Asa si sono posti il problema di salvaguardare le praterie di posidonia oceanica, che sono anche una delle maggiori fonti di ossigeno del pianeta, all’Elba, in corrispondenza della posa delle condotte di carico e restituzione del dissalatore a osmosi inversa di Lido di Capoliveri.
Nel marzo 2017 vennero installati sul fondale del Golfo Stella all’Elba a 12 metri sotto il livello del mare supporti in grado di resistere all’energia del moto ondoso e capaci di ricucire e arrestare il diradarsi delle praterie
stesse. È infatti in corso, negli ultimi 50 anni, un arretramento delle praterie verso il largo a causa della pressione antropica rappresentata dalle attività umane, principalmente pesca e ormeggi delle barche.
Individuata la struttura resistente la sfida divenne quella di sostituire le reti in materiale plastico con biopolimeri in grado di decomporsi naturalmente in acqua mare. Dopo quattro anni di sperimentazione in mare, all’Acquario di Livorno e nei laboratori di ingegneria chimica si è finalmente individuata una coppia di materiali (un polidrossialcanoato ed un polibutilsuccinato coadipato) in grado di poter essere utilizzati al caso in questione. Decisivo l’intervento della ditta Coatyarn la quale, rivestendo un filo di fibra di vetro con pbsa, è riuscita a estrudere e poi magliare la rete.