“Everything Is Like It’s Meant To Be” è il nuovo album di inediti degli Street Clerks, disponibile dal 24 marzo su tutte le piattaforme digitali, la band sarà in concerto sabato 25 marzo al Glue Alternative Concept Space di Firenze
Nel 2010 hanno vinto il Rock Contest, nel 2013 hanno partecipato a X-Factor scelti da Simona Ventura, e dal 2021 sono la resident band del programma televisivo di Alessandro Cattelan, un sodalizio e un’amicizia che continua ancora oggi. Una vivace carriera televisiva che la band nata a Firenze nel 2007 ha proseguito in parallelo a quella musicale continuando a pubblicare i loro album.
“Everything Is Like It’s Meant To Be” è il terzo lavoro in studio dopo Fuori del 2015 e Com’è andata la rivoluzione? del 2018, otto tracce con sonorità che vanno dal grunge al country, dal reggae al rock, dal pop allo swing, e con testi totalmente scritti in inglese, lingua madre di Alexander Woodbury, voce e chitarra della band.
L’album è stato registrato e mixato al Larione10 Studio di Firenze da Andrea Pellegrini, e masterizzato agli Abbey Road Studios di Londra da Alex Wharton. Le registrazioni sono realizzate totalmente in presa diretta, a beneficio di un sound volutamente grezzo e dal carattere vintage, con arrangiamenti essenziali e nessun ricorso all’elettronica: batteria, basso, chitarra acustica e chitarra elettrica e cori.
In concomitanza con l’uscita su tutte le piattaforme digitali di “Everything Is Like It’s Meant To Be” Alexander Woodbury, Valerio Martino Fanciano, Cosimo Ravenni e Francesco Giommi torneranno nella loro città natale Firenze per presentarlo al pubblico con un concerto sabato 25 marzo al Glue Alternative Concept Space.
Il tour degli Street Clerks proseguirà giovedì 27 aprile all’Apollo di Milano e sabato 29 aprile al Mattorosso di Montebelluna (TV).
Ecco la nostra intervista agli Street Clerks
Nel 2010 avete vinto il Rock Contest, sono passati più di dieci anni, avete fatto tantissime cose: da X-Factor ai programmi con Alessandro Cattelan, come siete cambiati in questi anni?
Siamo cambiati molto perchè prima di tutto siamo invecchiati, in più all’epoca eravamo solo in tre. Musicalmente sicuramente siamo molto maturati, anche se con l’ultimo disco siamo tornati un po’ allo spirito che avevamo all’inizio.
In qualsiasi produzione oggi viene utilizzato l’autotune, c’è chi lo usa pesantemente come nella trap e c’è chi lo usa per fare correzioni, a noi invece piace la ‘sporcizia’ data dall’esecuzione in contemporanea di quattro strumenti che suonano insieme, una cosa che ormai si è persa
Ho ascoltato il vostro disco e mi ha stupito il ritorno a un genere musicale un po’ retrò. Mi sembra un album molto beatlesiano, ma anche molto fresco e gioioso
Alexander: Negli anni ho imparato che sono un autore molto gioioso, le canzoni tristi non mi riescono anche se ci provo. Per quanto riguarda i Beatles indubbiamente per noi sono sempre stati un punto di riferimento, ci piacciono tantissimo e abbiamo anche dei punti in comune come i cori a più voci, la formazione, il modo di intendere la scrittura, il cercare melodie memorabili. Il paragone con loro ci fa sempre molto piacere. Abbiamo cercato di fare un disco molto ‘live’ suonato in presa diretta, che avesse un sapore ‘vintage’ è stata una scelta premeditata. Se mi dici ‘freschezza’ è esattamente quello che volevamo comunicare.
So che siete fan dell’analogico, che odiate l’autotune, tecnicamente come avete realizzato il disco?
Non è che odiamo l’autotune, semplicemente cerchiamo di non usarlo perchè non ci piace, siamo legati a un concetto di musica e produzione più ‘materico’. Questo disco uscirà anche in vinile che è il supporto che più ci piace e siamo molto contenti di questo. In qualsiasi produzione oggi viene utilizzato l’autotune, c’è chi lo usa pesantemente come nella trap e c’è chi lo usa per fare correzioni, a noi invece piace la ‘sporcizia’ data dall’esecuzione in contemporanea di quattro strumenti che suonano insieme, una cosa che ormai si è persa. Le voci le abbiamo registrate insieme, Alexander ha fatto la prima traccia dopo siamo tutti insieme contemporaneamente davanti a un solo microfono.
Mi piace questa vostra decisione di essere ‘fuori dalle mode’
E’ un periodo un po’ confuso su quello che va o quello che non va in radio, quello che passa in tv o che piace ai giovani. Da questo punto di vista ci siamo sentiti liberi di fare quello che ci pareva, perchè tanto sono saltate tutte le regole. Abbiamo fatto quello che piaceva a noi e basta senza alcun compromesso e abbiamo cercato di essere più simili a noi stessi possibile. Tra l’altro abbiamo registrato le canzoni in uno studio che ha una storia alle spalle il Larione10 a Bagno a Ripoli, che è attivo dagli anni ’80. Mura, intonaco e parquet e tutta la strumentazione, mixer e macchine sono tutte originali di quegli anni, hanno sentito passare l’elettricità dei dischi veri e anche questo ha aiutato a dare il suono vero, materico, vintage.
Ho letto che tra l’altro il disco è stato masterizzato agli Abbey Road Studios di Londra, quindi possiamo dire che si chiude un cerchio
Andrea Pellegrini e Jacopo Pesci sono i due ingegneri del suono che hanno mixato il disco al Larione10. Grazie a loro che avevano un contatto con gli Abbey Road Studios il disco è stato masterizzato a Londra. E’ una cosa che può tranquillamente fare chiunque in realtà, però per noi è stata la realizzazione di un piccolo sogno. E’ andato solo Alexander che aveva il passaporto sennò saremmo partiti tutti. Sentire uscire il disco dalle casse di quello studio, con macchine che sono lì dagli anni ’60 e hanno masterizzato alcuni tra i dischi più importanti e belli della musica mondiale è stata un’emozione indescrivibile. Il mastering è sempre una finitura, ma usare le macchine di uno degli studi più importanti del mondo ha sicuramente contribuito a enfatizzare l’atmosfera che volevamo creare con il nostro disco.
Sta per partire il vostro tour, tornate live dopo tanto tempo come vi state preparando?
Facciamo 20 flessioni al giorno, no a parte gli scherzi stiamo ancora finendo la trasmissione con Cattelan, tra una prova e l’altra cerchiamo di suonare i pezzi, li testiamo anche prima della puntata davanti al pubblico. Siamo pronti e preparati.
Da tanti anni siete in televisione con Cattelan, come vivete il successo e la visibilità?
Fortunatamente abbiamo scelto sia per il gruppo che per il disco un nome complicatissimo in modo tale da non diventare mai troppo famosi. Così la gente dice sempre ‘ma questi come si chiamavano?’. Abbiamo attuato questa politica per rimanere un po’ nell’ombra (ridono). Diciamo che l’ondata forte di fama è venuta subito dopo X-Factor. Eravamo abituati ai concerti nei locali di Firenze quindi per noi è stato un salto enorme. Appena uscivamo per Milano e Firenze le persone ci fermavano. Adesso le persone ci riconoscono ancora ma l’impatto è molto più blando. Ma alla fine ce la viviamo bene, è una cosa che fa piacere.