Un sostegno concreto alle donne vittime di abusi o di mobbing, lasciate sole e magari con figli. La Regione Toscana lancia il “reddito di libertà”: uno stipendio mensile da mille euro per tre anni alle donne che a causa delle violenze fisiche o psicologiche subite sono state costrette a lasciare il lavoro. Un’iniziativa innovativa nel suo genere, che rientra nel Progetto Ati per il sostegno alla parità di genere e alla cultura di genere, e rientra nel Piano regionale per le donne che la Toscana dovrà portare a compimento nei prossimi mesi.
Un progetto chiamato Ati, come le donne etrusche
L’intervento verrà finanziato con parte dei 42 milioni del Fondo sociale europeo per garantire, come spiega il presidente della Regione Eugenio Giani “l’equivalente di un reddito minimo aggiornato al carovita”. Il progetto prende il nome di Ati, il più diffuso fra le donne etrusche. Un scelta precisa che il presidente giani spiega così: “Il modello di società etrusco, dal quale discendiamo, era matriarcale: le donne erano le sacerdotesse della casa, ma non solo. Le donne etrusche erano le più libere nelle società antiche, quindi ho voluto ispirarmi a loro per dare le ali al nostro progetto”.
Per la selezione delle aventi diritto al “reddito di libertà” sarà istituita una commissione che valuterà l’idoneità, ricostruendo il percorso anche sanitario certificato dalle Asl. Saranno anche istituiti centri d’ascolto per le donne vittime di violenza nei centri urbani e rurali dove ancora non sono diffusi, con la collaborazione del privato sociale. Le donne durante i tre anni di percezione del reddito saranno avviate al reinserimento o all’accompagnamento al lavoro dall’agenzia regionale del lavoro Arti e accompagnate da psicologi e psicoterapeuti, in caso di necessità.