Per la prima volta a Firenze in alcuni dei luoghi simbolo della città (Museo Novecento, Museo di Palazzo Vecchio, Museo degli Innocenti e, eccezionalmente, nella millenaria Abbazia di San Miniato al Monte)“Light, Gaze, Presence”una selezione di opere dell’artista nato a Teheran Y.Z. Kami
La produzione dell’artista si concentra sulla creazione di ritratti di donne e uomini colti in primo piano, spesso con gli occhi chiusi e all’interno di cornici di sfondi neutri che lasciano visibili solo alcuni dettagli.
Volti opachi, quasi fuori fuoco, presenti e assenti al tempo stesso, queste figure sono immerse in una dimensione che sembra non avere nulla a che fare con la nostra quotidianità, ma che rimanda a un altrove, a un luogo che è memoria o evocazione dell’aldilà.
Il percorso inizia nelle sale del Museo Novecento, in cui i celebri ritratti, che hanno reso noto al pubblico internazionale l’artista, sono intervallati da altre opere delle serie Dome e Night Paintings che rievocano mandala e visioni notturne.
“Dopo la grande mostra di Tony Cragg, il Museo Novecento ospita un grande artista internazionale che ha raccolto il nostro invito a confrontarsi con il patrimonio storico-artistico della città” spiega Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. “Come Jenny Saville, protagonista nel 2021 a Firenze, anche Y.Z. Kami mette al centro del suo lavoro il ritratto, di cui è uno straordinario interprete, cercando – come i grandi ritrattisti del passato – di restituire attraverso la pittura il profondo segreto dell’anima dei suoi modelli che solitamente sono suoi amici, conoscenti e familiari. Il fatto che molti di questi volti appaiano con gli occhi chiusi, ci induce a porci in silenzio di fronte a queste immagini, invitandoci a una più lenta contemplazione, proprio per entrare in sintonia con la spiritualità racchiusa in essi. Non è casuale, quindi, la scelta dei luoghi che ospitano i dipinti di Kami, dal Museo Novecento all’Abbazia di San Miniato, dal Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio al Museo degli Innocenti. Luoghi in cui, oggi più che mai, è necessario ritrovare e incoraggiare lentezza e contemplazione di fronte all’opera d’arte”.
La luminosità resa dalla pittura rarefatta, così come l’esperienza dell’immobilità e del silenzio, hanno la capacità di attrarre a sé l’osservatore, suscitando sensazioni intense, come un senso di placida contemplazione al limite della trascendenza.
In questo senso, Kami è un pittore dell’invisibilità; il suo sguardo e la sua pittura sono capaci di raccontare l’umanità al di là della contingenza, catturando la spiritualità che avvolge i corpi.
Y.Z. Kami ha iniziato a dipingere a soli cinque o sei anni nello studio della madre. Da allora l’amore per la pittura e l’attenzione per lo studio della figura e della psicologia umana non lo abbandoneranno mai. Dopo aver studiato filosofia alla Sorbona di Parigi, negli anni Ottanta si trasferisce a New York, dove dalla fine degli anni Novanta inizia a esporre in musei e istituzioni artistiche.
Le sue opere sono oggi conservate in importanti collezioni pubbliche, tra cui quelle del Metropolitan Museum of Art (New York), del Whitney Museum of American Art (New York), del Solomon R. Guggenheim Museum (New York) e del British Museum di Londra.
Light, Gaze, Presence, Y.Z. Kami
Le opere in mostra a Firenze
All’interno della suggestiva cornice del Salone dei Cinquecento – Museo di Palazzo Vecchio, le opere Untitled (2011), Untitled (Woman in Green Sweater) (2006) e Marwin (2013-2014) dialogano con gli affreschi di Giorgio Vasari, dando vita a uno straordinario contrasto tra la placida rarefazione delle opere di Y.Z. Kami e le accese scene di battaglie che campeggiano sulle pareti della sala.
Il Museo degli Innocenti accoglie all’interno della pinacoteca che ospita agli straordinari capolavori di Botticelli e Luca della Robbia due opere di Y.Z. Kami: Gold Dome II (2022) e Brunelleschi (Death Mask) (2022-2023).
In particolare, la maschera funebre di Filippo Brunelleschi rende omaggio al grande maestro e si ricollega da un lato ai grandi ritratti dell’artista esposti contestualmente al Museo Novecento e nel Salone dei Cinquecento, dall’altro alla storia dell’edificio.
La mostra raggiunge il suo climax all’interno della millenaria Abbazia di San Miniato al Monte, dove viene eccezionalmente accolta l’opera Paul’s hands (2015-17).
“Ritraggo le mani da molto tempo, rappresentano per me una presenza e un significato profondi” ha spiegato l’artista. “Il teologo e filosofo francese Blaise Pascal ha detto ‘L’âme aime la main – l’anima ama la mano’. Molto spesso nei miei dipinti che raffigurano le mani, queste sono giunte in preghiera. L’immagine delle mani in preghiera è un segno diretto e chiaro di devozione che appartiene a tante diverse tradizioni religiose, dal Cristianesimo alle religioni orientali come l’Induismo, il Buddismo, ma non all’Islamismo né al Giudaismo”.