Non erano trascorsi che pochi mesi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla Liberazione dall’occupazione nazista che, a settembre del 1945, usciva in Italia un film destinato ad avere un successo internazionale, una sorta di “manifesto” di quel periodo di produzione filmica chiamato Neorealismo, Roma città aperta, di Roberto Rossellini.
Un tipo di cinema, quello neorealista, che si contraddistingueva per rappresentare le fasce popolari – a differenza della cinematografia celebrativa del regime fascista degli anni ’30, che ritraeva un’Italia agiata, benestante e borghese, definita dei “telefoni bianchi” – che portava in primo piano le sofferenze e la miseria dei popolo, che cercava di espremere autenticità e si caratterizzava per l’utilizzo degli attori non professionisti, “presi dalla strada”.
Afferiscono a questo cinema, oltre al citato Rossellini – di cui vanno ricordati anche i film Paisà (in parte girato a Firenze, incentrato sulla Liberazione), Germania anno zero e Europa 51 – i registi Luchino Visconti e il suo noto film girato in dialetto siciliano tra i pescatori di Aci Trezza e ispirato a I Malavoglia di Verga, La Terra trema e il successivo Bellissima, che vede protagonista una delle principali attrici del Neorealismo cinematografico, Anna Magnani; Vittorio De Sica e i suoi famosi Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D; Giuseppe De Santis, autore di Caccia tragica, Non c’è pace tra gli ulivi e Riso amaro, film che fa conoscere al grande pubblico un’attrice di rara intrigante bellezza e talento, Silvana Mangano.
Ma i prodromi di questo cinema si possono rintracciare in alcuni film negli anni precedenti, nei quali si riscontrano le stesse caratteristiche, poetiche e tecniche realizzative e che saranno poi sviluppati negli anni successivi. Il pre-Neorealismo si può rintracciare nei film Ossessione, del 1943, di Luchino Visconti; in Quattro passi tra le nuvole, di Alessandro Blasetti, del 1942, e perfino nella pellicola Treno popolare, di Raffaello Matarazzo, uscita nel 1933, con tutto il suo carico di realismo, innovativo in quegli anni.
Ed è proprio a quest’ultimo film che si ispira il ciclo di lezioni di storia del cinema, dal titolo Treno popolare. Ottant’anni dalla nascita e dall’affermazione del Neorealismo cinematografico italiano, che si terrà in Mediateca Toscana, di Fondazione Sistema Toscana (via San Gallo, 25, Firenze), dal 20 febbraio al 27 marzo, tutti i lunedì, dalle 15.00 alle 17.00 (ingresso libero, fino ad esaurmento posti, prenotazioni scrivendo a press.areacinema@fst.it). A condurre le lezioni, il prof. Stefano Socci, docente di storia del cinema, saggista, scrittore e critico cinematografico.
In sei incontri, le lezioni di Stefano Socci affronteranno il percorso di nascita, affermazione, declino e persistenza del Neorealismo italiano, uno dei periodi più importanti della storia del cinema, fonte d’ispirazione per gli autori di ieri e di oggi. A conclusione degli incontri si analizzeranno gli sviluppi e le influenze del Neorealismo nella cinematografia successiva: nei primi anni Cinquanta si concludeva infatti questa breve stagione, la cui l’onda lunga non ha mai cessato di influenzare il cinema di ogni lingua e paese, tanto da far reperire le sue tracce perfino nelle opere di Pier Paolo Pasolini, Mauro Bolognini e dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne.