Un progetto nato nei laboratori della prestigiosa università di Harvard: è un robot soffice e indossabile che supporta i movimenti delle braccia nei malati affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla). L’idea è del ricercato Tommaso Proietti, ora ricercatore all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: il dispositivo assomiglia a un giubbotto ed è dotato di attuatori pneumatici posizionati sotto le ascelle che si gonfiano come palloni ad aria compressa aiutando il movimento verso l’alto della spalla.
Molto incoraggianti i risultati dei primi test su 10 pazienti, che grazie al robot hanno riscontrato migliori capacità motorie e minore fatica. I risultati sono pubblicati su Science Translational Medicine.
Come funziona il super-giubbotto
Tre anni di studio e lavoro per un nuovo dispositivo che si distingue da quelli attualmente disponibili per la sua leggerezza. “Il giubbotto indossabile, realizzato con materiali elastici e in parte rinforzati, pesa poche centinaia di grammi, mentre l’elettronica, le batterie e la parte controllistica sono integrate in una sorta di cinta che scarica i suoi 3,6 chilogrammi di peso sul bacino, rendendo più facile camminare”, spiega Proietti. Il controllo del robot è facile e intuitivo grazie alla presenza di sensori inerziali (simili a quelli degli smartphone) che avvertono quando il paziente sta provando a fare un movimento: nel giro di 30 secondi il sistema rielabora le informazioni e personalizza il controllo, gonfiando gli attuatori sotto le ascelle in modo da assecondare e supportare l’azione intrapresa.
Durante la sperimentazione, i volontari hanno indossato il dispositivo robotico per eseguire compiti come bere, afferrare e spostare oggetti. I risultati mostrano un significativo miglioramento delle performance con un minor sforzo muscolare (misurato con l’elettromiografia). “Se la persona inizia a sollevare il braccio, i palloncini si gonfiano e gli permettono di arrivare ancora più su, migliorando l’ampiezza del movimento in media del 30%. Nei nostri test un paziente che aveva solo 40 gradi di elevazione del braccio è riuscito ad arrivare addirittura fino a 80-90 gradi”, precisa Proietti.
Al momento esiste solo un prototipo universitario, “ma la speranza – conclude il ricercatore – è che in futuro possa nascere una startup per sviluppare il prodotto e portarlo sul mercato”.