È una Toscana che nel 2022 ha saputo reagire con forza alle difficoltà causate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina e ora affronta il nuovo anno con le opportunità messe in campo dal Pnrr, dovendo però fare i conti con un tessuto socio-economico indebolito dall’inflazione e dall’aumento del costo dell’energia, che hanno eroso il potere d’acquisto delle famiglie. È questa la fotografia dell’economia toscana scattata dal Rapporto Irpet (l’Istituto per la programmazione economica della Toscana) che è stato presentato questa mattina a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, che ha tracciato un bilancio dell’anno appena concluso e le prospettive per quello appena iniziato.
“Veniamo da un 2022 – ha spiegato il presidente della Regione, Eugenio Giani – in cui le stime Irpet indicano un Pil in crescita del 3,9%, dato che supera quello nazionale che si ferma al +3,5%. Valori più bassi rispetto alle previsioni fatte prima che si aprisse il conflitto in Ucraina, ma comunque migliori rispetto a quelle che si potevano intravedere dall’evoluzione delle vicende internazionali e dall’andamento dei costi di materie prime ed energia. Le stime per il 2023, sempre considerato il momento, sono incoraggianti riguardo a produzione industriale, export e occupazione, soprattutto se consideriamo le potenzialità di investimento che si apriranno col Pnrr. Per far sì che tutto questo possa davvero diventare realtà occorrono pace sociale, coesione e azioni di sostegno alle imprese che la Regione punta ad attivare proprio grazie al Pnrr e ai fondi europei”
In crescita Pil, export e occupazione
Nel 2022 infatti, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina anche l’economia toscana ha rallentato, soprattutto dopo l’estate, ma comunque Irpet stima un Pil aumentato del 3,9% (rispetto al +3,5% nazionale), un valore maggiore di quanto l’evoluzione delle vicende internazionali facesse immaginare a metà anno, grazie alla crescita dei consumi interni e degli investimenti fissi lordi.
Un andamento quindi complessivamente positivo, che ha riguardato in particolare la produzione industriale, le esportazioni e anche il mercato del lavoro. Nei primo nove mesi del 2022 la produzione industriale è cresciuta del 3,4% e l’export ha segnato addirittura un +7,3%, confermando la vocazione internazionale dei prodotti toscani.
Molto buoni i risultati dei livelli occupazionali, che hanno superato anche quelli pre-pandemia: +4,6% nel periodo gennaio-ottobre e +6,5% rispetto al 2019. In particolare sono aumentati i contratti a tempo indeterminato: le stabilizzazioni tra gennaio-ottobre sono state 45mila, il valore più alto dal 2019.
E per il 2023? lrpet stima un aumento del Pil dello 0,6% (+0,4% per l’Italia) e una crescita el biennio 2024 e 2025 rispettivamente dell’1,3 e dell’1,2%, sebbene l’imprevedibilità della guerra, della pandemia e dell’inflazione potrebbero anche determinare una fase di recessione.
“Il 2022, con una prima parte affrontata con grande slancio ed una seconda durante la quale sono affiorate debolezze a causa dell’inflazione generata dall’aumento dei costi energetici, ha ancora una volta dimostrato che l’economia toscana è un’economia industriale con una grande vocazione internazionale e che le produzioni toscane sono richieste in tutto il mondo, nonostante il momento di crisi attuale – ha commentato l’assessore regionale all’economia, Leonardo Marras – nel medio periodo anche la Toscana dovrà affrontare turbolenze dei mercati. L’importante stagione di investimenti pubblici che sta per aprirsi con il Pnrr e con la programmazione regionale, metterà a disposizione risorse consistenti anche per le imprese che dovranno mantenere questa vocazione internazionale”.
Le ombre: inflazione e caro energia pesano su famiglie e imprese
E veniamo quindi alle note dolenti che riguardano soprattutto l‘inflazione: l’aumento dei prezzi dei beni di consumo infatti nel 2022 in Toscana è stato mediamente del 7,8%, con picchi fino al +12,2.
Le misure di contenimento, come le agevolazioni fiscali o i bonus, ne hanno contenuto la spinta ma gli effetti si sono fatti comunque sentire. Per le imprese si è stimato un costo per l’energia rispetto al 2021 aumentato di 350 milioni di euro al mese, +4,2 miliardi l’anno. I più colpiti sono i settori produttivi energivori, come la carta, la siderurgia, i trasporti, la chimica.
L’inflazione ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie: per mantenere invariato il livello dei consumi ci sarebbero voluti in media 3.480 euro in più all’anno, una cifra scesa a 2,150 grazie alle misure di sostegno varate dal Governo.
L’area della povertà assoluta, contenuta grazie alle misure di tamponamento e al miglioramento del mercato del lavoro, nel 2022 è stimata al 4,2% (-0,9% rispetto al 2021). L’evoluzione della situazione economica ha reso il tessuto sociale però più fragile e il disagio è in crescita. Nel 2022 si percepiscono come povere 14 famiglie su 100 (12 su 100 nel 2021) e aumentano quelle che si dichiarano in grave difficoltà ad arrivare a fine mese, che passano dal 7% al 10%.
Il salvadanaio del Pnrr: finanziamenti per quasi 5 miliardi
La svolta per il 2023 può arrivare dal Pnrr, grazie a cui a fine 2022 si contavano 4.326 progetti attivati per un totale di 4,95 miliardi di euro complessivi. Il 71% delle risorse è destinato a spese per opere pubbliche, gli incentivi a imprese e contributi sono il 16%, il restante 13% è imputabile a spese per l’acquisto di beni o servizi.
Le stime dei cosiddetti effetti di cantiere, che si esauriscono nell’arco della programmazione, indicano un aumento medio annuo di 0,5 punti percentuali del Pil rispetto ad uno scenario senza Pnrr. In termini assoluti alla fine del periodo (2022-26) saranno generate risorse aggiuntive, in termini di Pil, pari a 2,9 miliardi di euro. Il numero medio annuo di lavoratori necessario a soddisfare la produzione aggiuntiva è stimabile, sempre nel quinquennio, in poco più di 10mila, per un incremento medio annuo dell’occupazione dello 0,7%.