L’orrore dei campi di internamento della Seconda Guerra Mondiale delineano l’arte di Sauro Cavallini, diventano testimonianza della sua terribile esperienza personale e di una piaga storica indelebile. Adesso, per la prima volta, il ciclo di opere viene esposto a Firenze, a Palazzo Strozzi Sacrati sede della Giunta regionale, dal 26 gennaio al 28 febbraio 2023. Una scelta temporale precisa, in occasione della Giornata della Memoria che ricorre il 27 gennaio.
Nel settembre del 1943 all’età di 16 anni, Sauro Cavallini fu arrestato dalla polizia fascista e recluso nel campo di Gradaro a Mantova, dove rimase per circa un anno. I mesi di prigionia segnarono profondamente la sua vita e quando iniziò a praticare la scultura quegli incubi presero inevitabilmente forma e si tradussero nelle sue prime opere d’arte. Esperienza unica, che non avrebbe più ripetuto negli oltre 50 anni successivi di attività artistica.
Sedici di quei lavori, realizzati tra il 1961 e il 1963 in ferro e in ottone, saranno esposti nella mostra Sauro Cavallini. L’opera di un internato. Ideata dal Centro Studi Cavallini e curata dal direttore Maria Anna Di Pede, la mostra è stata realizzata con la collaborazione della Fondazione Fossoli, del Museo della Deportazione di Prato, con il contributo di Regione Toscana e di Unicoop Firenze e si inserisce nella serie di eventi organizzati in occasione della Giornata della Memoria 2023.
Ma non è la prima volta le opere ispirate ai campo di internamento compaiono in pubblico. Alcune di esse, nel luglio del 2021, furono esposte nell’ex-campo di concentramento di Fossoli nel Comune di Carpi, dove intervenirono l’allora presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli e la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, in occasione del 77° anniversario dell’eccidio nazista di Cibeno.
Le opere in mostra
Cavallini, scomparso nel 2016, fu profondamente segnato dall’esperienza dei campo e per tutta la vita volle affidare alle sue sculture un messaggio per l’umanità: di pace, di fratellanza e di amore universale. Le opere dell’artista spezino, ma fiorentino d’adozione, sono in ferro e in ottone. Alcune misurano anche due metri d’altezza e furono realizzate durante i primi anni ‘60 con la tecnica della “goccia su goccia” ovvero sciogliendo scarti metallici mediante fiaccola ossidrica fino a creare l’opera. Raffigurano esclusivamente figure umane dove l’angoscia e la sofferenza sono potenti, per dare forma ai ricordi dei corpi scheletrici dei prigionieri, delle torture e delle fucilazioni.
Nell’allestimento le sculture sono affiancate da pannelli che, attraverso fotografie e documenti storici, illustrano i crimini nazifascisti commessi contro chi cercava di resistere e la popolazione civile, durante uno dei periodi più dolorosi della storia d’Italia.
Giani: “Testimonianze dell’orrore”
“Sono sedici sculture che testimoniano l’orrore vissuto da Sauro Cavallini a Gradaro”, sottolinea il presidente della Regione Eugenio Giani. “Le abbiamo volute esporre in una mostra che non a caso si inaugura alla vigilia del Giorno della Memoria, come messaggio iconico segnato dalla forza espressiva dell’arte, di qualcosa che non deve più ripetersi – sottolinea il presidente -. Quasi taglienti, come le definì lui, le sculture parlano di guerra e del male che essa produce, un tema quanto mai attuale oggi. E’ con questo messaggio che vogliamo accompagnare la riflessione di tutti i visitatori che dal Giorno della Memoria e per un mese intero vorranno venire ad ammirare i lavori di questo sorprendente artista”.